Più critici rispetto alla legge di stabilità nel Pd sono i Giovani turchi e i renziani. Ma è il viceministro Stefano Fassina ad aprire un fronte di tensione tutta interna al Pd: ha scritto a Enrico Letta una lettera nella quale comunica di essere pronto a rimettere il proprio mandato se non ci sarà un chiarimento al suo rientro dagli States.
Duro il viceministro per essere stato escluso da tutta la fase preparatoria del ddl stabilità e per non aver ricevuto, malgrado ripetute richieste, la documentazione. E in serata il segretario Pd, Guglielmo Epifani, parlando ai microfoni del Tg5, gli dà ragione: «Credo che lamenti una mancanza di collegialità e credo che abbia ragione». Nel merito del provvedimento del governo, poi, lo stesso segretario chiede cambiamenti, soprattutto per gli interventi che riguardano «la parte di popolazione che sta peggio». È lì, dice, che bisogna rimettere mano: «Su tutta la parte relativa al sociale: indicizzazione pensioni, fondi per i non autosufficienti, intervento per le disabilità… Abbiamo tutta la parte della popolazione che sta peggio alla quale la finanziaria non dà l’attenzione necessaria».
Una legge di stabilità che spacca il Pdl tra lealisti e governisti, provoca le dimissioni di Mario Monti da Scelta Civica e agita il Pd. Effetti collaterali delle larghe intese, forse.
Nel Pd spetterà al responsabile economico del partito, Matteo Colaninno, lavorare di fino per cercare una mediazione interna e di sicuro il clima congressuale non aiuta. Sono i punti elencati dal segretario i più dolenti per i democratici dagli assegni di accompagnamento, all’indicizzazione delle pensioni, agli interventi in busta paga e al cuneo fiscale. Cesare Damiano entra nel merito: il taglio del costo deve essere destinato ai lavoratori dipendenti che percepiscono redditi medio bassi; per l’indicizzazione delle pensioni «si deve ripristinare quanto era previsto dalla Finanziaria del 2012 per le pensioni fino a sei volte il minimo, perché il Governo ha peggiorato la normativa che doveva de- correre dal primo gennaio del prossimo anno», mentre per gli esodati si devono trovare risorse per risolvere definitivamente il problema.
Il responsabile economico del Pd, però, se è convinto che dei miglioramenti vadano apportati, non accetta bocciature come quelle che dal fronte renziano e dai Giovani turchi sono arrivate: durante l’incontro di mercoledì con gli uffici di presidenza e i capigruppo di Camera e Senato ha più volte ribadito che questo è il primo provvedimento che dopo anni restituisce e non toglie. E se i tagli alla Sanità, ha aggiunto, sono stati evitati è stato grazie al lavoro del Pd, così come è avvenuto per il Patto di stabilità interna.
Troppo poco per i sostenitori del sindaco fiorentino, come sottolinea il suo consigliere economico, Yoram Gutgeld: «È così stabile, soffice ed equilibrata che praticamente è come se non fosse mai stata fatta, come se non esistesse». Gli rispondono su fronti opposti il lettiano Francesco Boccia e Pier Luigi Bersani. «È la base di partenza che possiamo rafforzare in Parlamento: certamente non è più tempo di pretendere che non si tocchi la spesa e al contempo si riducano le imposte», dice il primo aggiungendo che il ddl «è una speranza di cambiamento e si basa su tre pilastri: abbassamento delle tasse per famiglie e imprese, taglio della spesa improduttiva e avvio concreto delle dismissioni del patrimonio pubblico». L’ex segretario Pd non condivide le «riserve ingenerose», pur ammettendo che «sul tema del sociale, del pubblico impiego qualcosa da correggere c’è, dopo di che forse si sono create troppe aspettative».
Per i Giovani turchi è Matteo Orfini in un post su Facebook a spiegare cosa non va e perché, dice, non condivide il giudizio del segretario Guglielmo Epifani. Bisogna cambiare la filosofia su cui si reggono le misure. Come? «Con le stesse risorse destinate alla riduzione del cuneo potremmo produrre una vera svolta occupazionale, che avrebbe evidentemente anche l’effetto di rilanciare consumi e crescita. Investiamo quelle risorse in settori innovativi: infrastrutture digitali, cultura e ricerca, terzo setto-re, messa in sicurezza del nostro malan- dato territorio». Critico anche Gianni Pittella: «È una legge “camomilla”, che produrrà effetti per 8 euro nel 38% del- le famiglie italiane, quindi veramente una cosa inutile».
A spezzare una lancia a favore di una manovra che non piace ai sindacati e spacca il Pdl è il ministro Graziano Delrio, renziano della prima ora, secondo il quale non ci sarà ancora una vera ripresa ma, «vedremo un segno più del Pil». Delrio guarda le cose positive: «Lo sblocco di un miliardo di investimenti per il patto di stabilità e i 3,2 miliardi per le opere pubbliche». Le proteste dei dipendenti pubblici? «Hanno completamente ragione, è un sacrificio per loro ma non c’era altro modo».
L’Unità 18.10.13
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