Missione compiuta, soldato Brunetta. Con l’attacco a freddo sullo stipendio di Fazio, utile anche a non rispondere a una questione seria (Alitalia), Renato Brunetta è riuscito a bloccare i contratti Rai con Maurizio Crozza e Roberto Benigni. Vale a dire, il meglio che la televisione italiana riesce a esprimere fra tanta spazzatura.
AMediaset possono festeggiare. In questi giorni si firmano i contratti pubblicitari e l’assenza di due campioni di ascolti come Benigni e Crozza dai palinsesti della concorrenza è una bella notizia per le tv di Berlusconi. Una delle poche. Le reti Mediaset se la passano piuttosto male e continuano a collezionare flop di ascolti, nonostante lo strenuo sforzo di abbassare il livello dell’offerta, ultimo esempio Radio Belva.
S’intende che i soldi di Fazio sono tanti e si può, anzi si deve discutere gli ingaggi calcistici della tv pubblica e una strana politica di appalti. Nel nostro piccolo noi lo facciamo dalla fine degli anni Ottanta. Al tempo, per dire, Brunetta era consigliere economico dei governi Craxi, i peggiori dissipatori di denaro pubblico della storia, e Beppe Grillo si vantava di prendere dalla Rai 350 milioni di lire per una singola ospitata al festival di Sanremo. L’equivalente di 393 mila euro di oggi, per un giorno. Forse anche i grillini più ortodossi sono in grado di confrontarlo con il milione 800 mila euro all’anno di Fazio. All’epoca i Brunetta e i Grillo erano i primi a dare del moralista scemo a chiunque osasse mettere in dubbio certi compensi. Ora hanno scavalcato a sinistra e pazienza, ma dietro questi attacchi si legge un’ipocrisia e una malafede sorprendenti perfino per gli elastici parametri etici della politica all’italiana.
A Brunetta, con tutta evidenza, non importa nulla dello spreco di soldi pubblici e almeno in questo è coerente con la propria storia. Quello che interessava all’ex ministro era ottenere per il partito-azienda il doppio obiettivo di eliminare dalla scena due nemici politici, così vengono considerati Crozza e Benigni, e soprattutto di impoverire la concorrenza a Mediaset. Se si vuole davvero moralizzare i conti della Rai, prima che di Fazio, Benigni e Crozza, campioni di ascolti, bisogna occuparsi delle centinaia di milioni buttati da viale Mazzini per assumere incapaci raccomandati dai partiti, per primo quello di Brunetta, oltre ai servi, a fidanzate e fidanzati, parenti, agli amici degli amici. È giusto scandalizzarsi se un conduttore guadagna troppo, per quanto arricchisca l’azienda pubblica. Ma prima bisognerebbe chiedersi perché abbiamo buttato soldi pubblici per assumere con contratti da favola personaggi come l’ex direttore del Tg1, Augusto Minzolini, che ha portato il telegiornale ai minimi di ascolti, procurato alla Rai una multa record di 350 mila euro per violazione del pluralismo ed è stato infine premiato, per servigi resi (non agli spettatori), con la nomina a senatore nelle liste berlusconiane, dove continua a prendere 13 o 14 mila euro al mese dalle nostre tasse. Questi sono i veri scandali. Lo scandalo è la lottizzazione che calpesta da decenni ogni merito in Rai, come in tutte le altre aziende pubbliche portate allo sfascio dalla partitocrazia, dalla Telecom all’Alitalia. Ed è sbalorditivo che sia proprio un politico di primo piano, su piazza da un quarto di secolo, a fare la morale agli altri, quando dovrebbe anzitutto fare autocritica come editore, illegittimo
ma de facto.
Quanto a Beppe Grillo, siamo alle comiche. D’accordo che in Italia la coerenza non è la prima cosa e il Paese vive di memoria corta. D’accordo che quando c’è da dare una mano a Berlusconi, nei fatti, il “Che” Beppe non si tira mai indietro, Ma il pioniere dei mega compensi Rai che definisce il contratto di Fazio «un insulto alla condizione del Paese e ai lavoratori Rai», perdonateci, non si può sentire. È come ascoltare Balotelli che lamenta la scarsa serietà dei calciatori, Rocco Siffredi che tesse l’elogio della monogamia. E adesso che l’hai capito, che fai Beppe? Ci restituisci i miliardi di lire, le Ferrari, le ville, le barche comprate con cachet che erano un insulto ai poveri lavoratori?
Il giorno in cui la politica di destra, di sinistra, di centro e quella né di destra né di sinistra vorranno seriamente occuparsi del servizio pubblico, non sarà mai troppo tardi, come diceva il maestro Manzi. Non è difficile, Basta cominciare a togliere le mani dei partiti dall’azienda di viale Mazzini, affidarla a una fondazione indipendente, come nei paesi civili, e abolire la commissione di vigilanza parlamentare, inconcepibile in qualsiasi vera democrazia. La stessa commissione che i grillini invece hanno implorato di presiedere, dopo aver chiesto e ottenuto i voti dell’orrido connubio Pd-Pdl. Qualcosa ci dice che Brunetta e Grillo non faranno nulla di tutto questo. Ma si può essere sicuri che fra una ventina d’anni saranno sempre lì a farci la morale.
La Repubblica 18.10.13