Ma lo streaming ora serve davvero Scrive Beppe Grillo che l’abolizione del reato di clandestinità, proposta da «due portavoce senatori», non s’ha da fare perché non era «nel programma votato da 8 milioni e mezzo di elettori». Poi aggiunge una «precisazione sul metodo M5S»: si scopre che un «portavoce senatore» ha sì il diritto di proporre nuove leggi, ma queste al massimo verranno inserite nel programma «che sarà sottoposto agli elettori nella successiva consultazione elettorale» (attualmente prevista nel 2018). Nel frattempo, vale il programma presentato nella campagna 2013, quella in cui Grillo e i suoi, girando per l’Italia, promettevano di trasmettere in streaming ogni assemblea, dal Parlamento ai consigli comunali, perché la politica va fatta davanti ai cittadini, non alle loro spalle. Finora, il buon proposito è stato seguito dai 5 Stelle in modo ondivago: in diretta video il (non) dialogo di Crimi e Lombardi con Bersani e Letta; a porte chiuse molte battaglie interne su nomine, espulsioni e note spese. Adesso Grillo ha fatto sapere che la prossima settimana scenderà a Roma per confrontarsi con i parlamentari del Movimento. I sondaggisti concordano che la linea del capo sull’immigrazione è molto popolare tra gli elettori. Eppure alcuni dei portavoce non la condividono; e forse, davanti alle foto arrivate da Lampedusa, i sondaggi non li hanno neanche guardati. Pare che il capo abbia già deciso: anche questo dibattito sarà a porte chiuse. Se è così, è un errore. Su un tema così delicato, dove il valore della democrazia si intreccia con quello della vita umana, gli elettori hanno davvero il diritto di ascoltare la voce dei loro portavoce.
Il Corriere della Sera 13.12.13