“Radiografia dell’euro-entusiasta”, di Ilvo Diamanti
L’Italia è stata, per molto tempo, lo Stato più europeista d’Europa. In particolare, negli anni della costruzione unitaria. Quando l’Europa era un progetto in corso d’opera. D’altronde, in occasione del referendum consultivo del 1989, l’88 % dei votanti approvò la proposta di attribuire un mandato costituente al Parlamento europeo. Dopo l’introduzione dell’euro, nel 2002, l’entusiasmo si raffreddò sensibilmente. Eppure, “nonostante tutto”, gli italiani mantennero il loro sostegno all’Europa. In misura più elevata rispetto agli altri Paesi (Fondazione Nord Est, 2004). Appunto: “nonostante tutto”. Un atteggiamento alimentato dalla sfiducia nei confronti delle istituzioni nazionali e, anzitutto, verso lo Stato. Il cui livello di credibilità, peraltro, è sceso assai più di quello nell’Europa. Tuttavia, la stagione dell’euroentusiasmo, in Italia, è finita da tempo. Anche in confronto con gli altri Paesi. Nell’ultimo rapporto di Eurobarometro, condotto nella primavera del 2013, infatti, nella graduatoria costruita in base al senso di appartenenza europea, gli italiani si collocano al 23esimo posto, sui 27 dell’Unione allargata. Mentre, in quanto a ottimismo sul futuro della Ue, sono posizionati un po’ più in alto. …