Mentre assistiamo sgomenti all’ennesima tragedia che ha visto morire nelle acque di Lampedusa centinaia di persone in fuga dalle proprie terre nel tentativo di raggiungere le nostre coste, diventa sempre più necessario, doveroso e urgente un intervento non solo su scala europea ma anche su quella globale. In particolare a livello europeo diventa improrogabile rivisitare le norme di Dublino, in base alle quali è il primo Stato d’arrivo quello che deve farsi carico dei profughi. Di conseguenza l’Italia, per la sua posizione geografica, ne risulta oggettivamente penalizzata. La Commissaria europea agli Affari interni, Cecilia Malmström, ha assicurato di volere sostenere l’Italia nel far fronte a tali situazioni. Lo stesso premier Enrico Letta ha richiesto fermamente l’intervento della Ue e ha affermato che intende modificare le politiche migratorie nel corso del semestre di presidenza italiana. Anche il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha sollecitato una maggiore collaborazione, in quanto l’Italia non può assumersi da sola l’onere degli sbarchi. La posizione di Papa Francesco è chiara e decisa: in luglio a Lampedusa ha denunciato la “globalizzazione dell’indifferenza”. Lo stesso presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, chiede in queste ore che l’Agenzia europea di pattugliamento e cooperazione Frontex fornisca mezzi anche per i soccorsi. A sua volta il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso dichiara che la Commissione stessa sosterrà «gli sforzi per aumentare le risorse a Frontex, poiché queste sono senza dubbio tragedie che riguardano tutta la Ue». È dunque necessario migliorare le modalità di accoglienza nei paesi di approdo e, soprattutto, intervenire con maggior impegno aiutando i paesi di origine a migliorare i livelli di vita delle loro popolazioni e contribuendo, nei limiti del possibile, a ridurre il rischio di conflitti politici, etnici nonché provocati dal fondamentalismo religioso. A tutto ciò va aggiunta necessariamente una più incisiva e sistematica azione per contrastare e debellare il potente racket dei “traghettatori della morte” che si arricchiscono con il traffico degli esseri umani. Per impedire il ripetersi di questi drammi, occorre pertanto operare congiuntamente in due precise direzioni. La prima riguarda i Paesi da cui fuggono tanti disperati poiché le origini di questi drammi vanno ricercate in primo luogo nelle particolari criticità economiche e politiche degli stati di partenza. La seconda direzione di interventi è quella che riguarda l’Unione europea, che deve farsi carico di queste tragedie umane promuovendo una forte cooperazione tra i paesi membri e una solidarietà nei confronti delle persone che arrivano sul suolo europeo. Ciò non toglie che, nel caso specifico italiano, sia necessario porre il problema, peraltro da tempo sollecitato anche da parte di chi scrive, di una seria revisione della nostra normativa concernente le migrazioni e l’asilo, poiché essa non è più in grado di regolare adeguatamente la gestione di tali realtà che si stanno modificando in termini qualitativi e quantitativi.
*Segretario generale Fondazione Ismu