Cecile Kyenge convoca i giornalisti nella sala monumentale di largo Chigi in tarda mattinata. Lo sguardo è serio come sempre solo gli occhi sono un po’ più grandi, lo sguardo fisso come schiacciato dal peso degli eventi mentre confessa di provare «un dolore molto forte per questi morti», «una tragedia immane che ci impone la necessità di affrontare in maniera radicale il tema dei migranti in fuga da situazioni di conflitto». Si associa alle parole del Capo dello Stato nel chiedere «maggiore intensità per dare impulso a nuove politiche che interrompano questa serie di tragedie». La sua richiesta appare però un po’ debole rispetto agli enunciati di partenza: chiede «fin da subito» un coordinamento interministeriale sotto l’egida della Presidenza del Consiglio per mettere in essere un piano comune di aiuto ai profughi e di sostegno alle comunità locali su cui al momento pesa l’onere più grosso dell’accoglienza e della solidarietà. Tutti intorno allo stesso tavolo, lei con i colleghi Alfano agli Interni, Mauro alla Difesa, Cancellieri alla Giustizia, Bonino agli Esteri. È cosciente di una responsabilità molto grande che l’Italia si trova ad avere e vuole condividerla, ma soprattutto insiste sul metodo del dialogo, «la condivisione – dice – è la prima cosa».
Per approntare un piano serviranno mesi. Dopo quanto è successo non sarebbe meglio dare un segnale forte di svolta come l’abolizione della Bossi-Fini?
«Chiedo un coordinamento proprio per affrontare anche la questione delle modifiche delle norme sull’immigrazione, che devono essere riviste all’interno di questo quadro di condivisione e dialogo. Il dialogo è il punto principale e perciò dobbiamo distanziarci nettamente da chi dà messaggi opposti, di paura e di minaccia. Io sono per una legge che parta dalla visione del fenomeno migratorio come fenomeno naturale. Ma le risposte devono adattarsi a tutte le categorie di persone».
La Bossi-Fini crea problemi anche alla Libia, da cui gli immigrati partono ma dove non possono tornare, pena l’arresto. Come risolvere questo problema?
«Ci sono stati degli accordi, stipulati anni fa, con i Paesi dell’altra sponda del Mediterraneo che vanno presi in esame. Domenica prossima mi recherò a Lampedusa e in questa visita farò accertamenti e cercherò ulteriori risposte. Ciò che è certo è che i migranti fuggono da Paesi in cui ci sono guerre e conflitti e che a tutto ciò deve dare risposta anche una politica internazionale che deve tendere a rafforzare la pace e la democrazia».
L’Europa ci critica per la nostra normativa inadeguata sull’immigrazione ma non dovrebbe fare di più? Si è assunta la sua parte di responsabilità?
«Il Consiglio d’Europa giudica sbagliata la nostra normativa e ci chiede di dare risposte positive che vadano nel senso dell’inclusione, della legalità, della cittadinanza. Durante il nostro turno semestrale di presidenza, che inizierà nel luglio prossimo, l’immigrazione sarà in agenda e già abbiamo iniziato a lavorare sul tema per una nostra iniziativa. Italia e Grecia oggi sono i Paesi più in prima linea rispetto ai flussi migratori. Lo scorso 23 settembre a Roma 18 Paesi della comunità europea hanno avuto un primo summit ed è possibile che l’immigrazione assuma presto un senso di priorità negli interventi. È chiaro che tutti devono rimboccarsi le maniche, non soltanto noi. L’Europa deve fare la sua parte e ad esempio alleggerire le norme comunitarie sulla libera circolazione e la convenzione di Dublino, garantendo nei Paesi d’arrivo la possibilità di un visto di transito per gli asilanti che vogliono andare in altri Paesi, coinvolgendo dunque tutta la Comunità europea per l’ospitalità dei profughi».
Cosa pensa della proposta di creare un corridoio umanitario con base nel porto di Lampedusa?
«Modificare le norme per l’immigrazione regolare e creare dei corridoi umani- tari sono appunto due risposte all’esigenza di sottarre i migranti al ricatto delle organizzazioni criminali che si occupano di traffico di esseri umani. Se si vuole operare una reale strategia di contrasto dei trafficanti si devono affrontare questi due nodi».
Cosa risponde a Gianluca Pini, vice capo-gruppo della Lega a Montecitorio, che attacca oggi lei e la presidente Boldrini per gli sbarchi?
«Attribuire a me e alla presidente Boldrini la responsabilità morale di ciò che è successo è profondamente offensivo. E credo che sia un insulto anche a tutti i cittadini italiani si stanno adoperando per aiutare i superstiti. Questo attacco in queste ore è per me un punto di non ritorno nel rapporto con questi signori. Io cerco soluzioni, loro fomentano odio e paura, la distanza è ormai incolmabile».
l’Unità 04.10.13