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“Decreto cultura leva per la crescita”, di Antonello Cherchi

Il pacchetto cultura ha trovato la via d’uscita dal Parlamento. Ieri, infatti, la Camera ha approvato definitivamente il decreto legge 91/2013 (il cosiddetto «Valore cultura»), che rischiava – dati i tempi ravvicinati di decadenza, previsti per martedì prossimo – di rimanere invischiato nella crisi di Governo. Il collasso governativo, invece, non c’è stato e Montecitorio ieri ha potuto riprendere le fila del provvedimento e licenziarlo a tempi di record, il giorno dopo che la commissione Istruzione l’aveva inviato in aula.
Giungono così al traguardo le misure per rilanciare Pompei, quelle per reclutare 500 giovani da destinare alla digitalizzazione del patrimonio, per distribuire nuove risorse per interventi di tutela e valorizzazione, per dare ossigeno al cinema e alla musica, per invertire la rotta dei bilanci in rosso delle fondazioni liriche, per agevolare gli aiuti privati in favore del “bello”. Insomma, una legge di ampio spettro che ha fatto dire al ministro dei Beni culturali, Massimo Bray, che in questo modo «la cultura torna a essere davvero al centro delle politiche di sviluppo», anche se la strada da fare è ancora molta. La misura-vetrina del provvedimento è senz’altro quella su Pompei. La bistrattata area archeologica, ferita da un forte degrado e reiterati crolli, è ora oggetto di un progetto di risistemazione che usufruisce di 105 milioni di euro, in parte nazionali ma in gran parte di provenienza Ue. Bisogna, però, fare in fretta, non solo perché il mondo di guarda, ma anche per la necessità di rendere conto all’Unione europea entro fine del 2015 di come i soldi sono stati spesi. Da qui l’idea (non molto originale per la verità, visto la sequela di manager e commissari che si sono succeduti negli anni alla guida di Pompei) di istituire la figura del direttore generale di progetto e di un vice a cui affidare le chiavi del rilancio di Pompei. I due dovranno provenire dalla pubblica amministrazione e dovranno “accontentarsi” di non più di 100mila euro (lordi) l’anno. Al direttore, coadiuvato da una struttura ad hoc di non più di venti persone, spetterà portare avanti il Grande progetto Pompei – ovvero, spendere bene e nei tempi i 105 milioni, informandone ogni sei mesi il Parlamento – coordinando al contempo la neonata unità Grande Pompei, che sarà dotata di autonomia amministrativa e contabile e avrà il compito di occuparsi, attraverso la definizione di un piano strategico, del territorio intorno ai siti Unesco di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata, così da ridare fiato al turismo.
Altro intervento che dà il tono al provvedimento è il programma «500 giovani per la cultura», ovvero il reclutamento di persone massimo 35enni, in possesso di specifici titoli, da formare per dodici mesi e poi destinare alla digitalizzazione del nostro patrimonio culturale. Il programma è finanziato per il 2014 con 2,5 milioni di euro, a cui potranno aggiungersi eventuali risorse comunitarie.
Una misura questa che fa il paio con quella di sostegno all’arte prodotta dai giovani, che per un periodo non inferiore a 10 anni potranno usufruire, a un canone simbolico di non più di 150 euro al mese, di locali statali (tra cui quelli confiscati alla criminalità organizzata) dove lavorare. E sempre i giovani musicisti sono i destinatari della norma che introduce il credito d’imposta per le imprese che organizzano spettacoli dal vivo e per quelle che producono fonogrammi e video musicali. Uno sconto fiscale con un plafond di 4,5 milioni l’anno e che è riconosciuto per il triennio 2014-2016 nella misura del 30% delle spese sostenute (fino a un importo di 200mila euro nel triennio).
Sempre in tema di agevolazioni fiscali, dal prossimo 1° gennaio diventa permanente il tax credit accordato al settore cinematografico e che è stato esteso ai produttori indipendenti di opere audiovisive. Uno sconto con un tetto complessivo di 110 milioni l’anno.
C’è, poi, il capitolo fondazioni liriche, che nella stragrande maggioranza presentano bilanci in profondo rosso. Quelle in amministrazione straordinaria o che non possono far fronte a debiti certi ed esigibili dovranno presentare un piano di risanamento (in cui inserire anche la riduzione del 50% del personale in forza a fine 2012) al futuro commissario di Governo. Prevista, al contempo, l’istituzione di un fondo di rotazione di 75 milioni (per il 2014) per finanziare le fondazioni, le quali dovranno riscrivere i loro statuti entro fine giugno prossimo.
In tema di aiuti, ci sono poi quelli a vari enti e iniziative: 5 milioni alla Fondazione Maxxi, 8 per interventi di restauro (tra cui gli Uffizi), 400mila euro per il forum Unesco sulla cultura del prossimo anno a Firenze, 2 milioni per il restauro del mausoleo di Augusto a Roma, 1,5 per il centro di ricerca letteraria Pio Rajna a Roma, altrettanti per il museo tattile “Omero” di Ancona, 300mila euro per la tutela dei siti Unesco della provincia di Ragusa. E aiuti sono quelli che la cultura chiede ai privati, le cui donazioni fino a 10mila euro avranno procedure semplificate e saranno senza oneri amministrativi.

Il Sole 24 Ore 04.10.13

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Dopo i tagli, si prova a riparlare di «risorse», di Armando Massarenti

È certo un bel segnale che il giorno dopo la rinnovata fiducia all’esecutivo Letta, emerga all’onore delle cronache l’approvazione alla Camera del decreto «Valore Cultura» del ministro Bray, segno di un operato del governo delle larghe intese che senza troppi clamori non è mai venuto meno neppure nei momenti di massimo conflitto politico. È la seconda buona notizia, riguardo a una nuova stagione di attenzione alla cultura come motore di sviluppo auspicata dal Manifesto per la cultura del Sole 24 Ore un anno e mezzo fa, dopo la nomina de parte del presidente Napolitano dei quattro senatori a vita. Bene la riforma in nuce delle Fondazioni liriche, che dà il via ad una vera e propria riforma dei teatri eliminando l’annoso problema che li affligge, ovvero la scarsa produttività. Ora spetterà ai commissari straordinari ridurre, ove necessario, «la dotazione organica del personale tecnico e amministrativo fino al 50% di quella in essere al 31 dicembre 2012» e attuare una serie di nuove misure per ridurre sprechi e privilegi che fino ad ora hanno fatto lievitare i costi a dismisura. Le Fondazioni liriche, commissariate o meno, potranno comunque avanzare la richiesta di un finanziamento per la ristrutturazione, l’azzeramento dei contratti integrativi, e avere la possibilità di non assegnare al sindaco della città la presidenza del teatro (il cda è l’organo di gestione unico). Il decreto mette fine ad un utilizzo del Fondo unico per lo spettacolo improntato alla logica della sovvenzione e del sostentamento orientando i finanziamenti disponibili alle reali esigenze produttive secondo criteri che, per la prima volta, comprendono il merito nella selezione degli artisti e dei dipendenti, sulla base del loro valore e non più secondo logiche clientelari. Tra gli altri articoli da promuovere le misure di tax credit sul cinema e le nuove modalità di finanziamento da parte di privati (non affrontato il problema degli incentivi e i privati esclusi dalla gestione diretta dei beni culturali) e altri interventi che toccano punte di innovazione come le disposizioni sull’arte contemporanea che prevedono l’assegnazione di atelier per gli artisti. Queste sono buone basi di partenza a cui però servono delle strategie di programmazione di medio-lungo periodo che il decreto ancora non delinea e che invece sono indispensabili. È giusto mettere mano al problema Pompei, ma che fare con le biblioteche nazionali che stanno chiudendo o con l’Archivio Centrale dello Stato, che detiene un patrimonio formidabile e dove non si può più lavorare per carenza di personale? Tutta questa rete culturale rimane tagliata fuori, ed esige scelte radicali sul modello, come quelle adottate in Francia. E ancora, sul fronte della digitalizzazione, il decreto puntando sulla formazione di 500 giovani, invece di valorizzare le cooperative e le società che si occupano di archiviazione già attive, varando un provvedimento fine a se stesso che non favorirà la creazione di un collante tra il patrimonio senza uguali di cui godiamo e le potenzialità delle tecnologie informatico-digitali fondamentali per valorizzarlo. In attesa che si formino i 500 giovani si potrebbe correre il rischio di ridurre il Paese a mero fornitore di materia prima culturale, valorizzata da altri che ne ricaveranno benefici in termini di occupazione, innovazione ed economici. A fronte dei numerosi pro e di quei contro che lasciano ancora massicce questioni da affrontare, va comunque detto che per la prima volta, dopo decenni in cui la cultura è stata dimenticata e relegata alla voce “tagli”, il governo approva un provvedimento dedicato esclusivamente alla cultura a cui dedica risorse.
Bene ha fatto il premier Enrico Letta a sottolineare, l’altro ieri, nel suo discorso prima della fiducia, l’impegno di questo governo per la cultura insieme all’istruzione, «fondamentali per la ripartenza» e a ribadirlo ieri commentanto il decreto. Attento però a non farlo diventare un’astrazione o un termine riguardante solo le glorie del passato. Singolare che non abbia sentito l’esigenza di spendere la parola «ricerca». Cultura oggi significa soprattutto capacità di rilanciare la ricerca, sia quella scientifica di base – che per antonomasia guarda al futuro –, sia quella umanista e artistica, che pure ha bisogno di un impegno di rinnovamento che la riporti ad essere competitiva con le maggiori istituzioni del mondo.

Il Sole 24 Ore 04.10.13