L’aver accettato, nell’interesse del paese, la rielezione a Presidente della Repubblica mi permette – e mi fa molto piacere – di essere ancora qui con voi oggi e di parlare al mondo della scuola italiana. L’inizio dell’anno scolastico è, infatti, il momento e l’occasione migliore per rivolgere un augurio di buon lavoro agli insegnanti, al personale tecnico, a tutti coloro che sono impegnati nell’istruzione e per l’istruzione nella pubblica amministrazione e nella società civile. Do il benvenuto a tutte le autorità presenti. E rivolgo un saluto affettuoso a voi studenti di ogni età, ai vostri genitori e, lasciatemi aggiungere, ai vostri nonni. Non ho mai trascurato in questi anni di considerare l’istruzione a tutti i livelli uno dei pilastri e degli assi portanti della nostra società.
E in questo momento dobbiamo rinnovare e rafforzare le potenzialità di sviluppo della società italiana. Non siamo ancora usciti dalla crisi finanziaria, economica, sociale che ha colpito così duramente negli ultimi anni il nostro paese, e gran parte del mondo, dagli Stati Uniti d’America all’Europa. Sono ancora tante le famiglie che soffrono di difficoltà e di privazioni, che non ce la fanno, o ce la fanno a fatica, ad andare avanti ogni mese, che mancano di sostegni essenziali, innanzitutto il lavoro per i figli se non anche per genitori : come in Sardegna, dove è risuonata ieri la parola solidale e ispirata del Pontefice. Molti sacrifici si sono imposti ovunque nel nostro paese. L’economia e l’occupazione tardano a riprendersi : ma i primi segni di ripresa si vedono, e si riaffaccia la speranza di un nuovo, più solido sviluppo – su basi più giuste – dell’economia e della società.
Ebbene, dobbiamo fare tutti la nostra parte per far crescere i semi che appaiono e possono maturare di un miglioramento e cambiamento positivo della nostra situazione. La politica non sprechi questo momento più favorevole e faccia, attraverso il governo e il Parlamento, la sua parte, procedendo, senza incertezze e tantomeno rotture, nel compiere le azioni necessarie. Si mobilitino tutte le forze valide del paese. Anche quelle della scuola. E vengo al punto.
Pure la scuola negli ultimi anni ha sofferto delle ristrettezze provocate dalla crisi generale e ha sofferto – diciamo la verità – di incomprensioni e miopie, di rifiuti e tagli alla cieca – più che di una necessaria lotta contro innegabili sprechi – da parte dei responsabili della cosa pubblica. Ebbene, si sta ora comprendendo che bisogna cambiare strada : è questo il segno della giornata di oggi qui al Quirinale, è questo il segno nel quale inizia il nuovo anno scolastico. Ce lo dicono senza dubbio i provvedimenti adottati dal governo, specialmente il decreto approvato dieci giorni fa dal Consiglio dei ministri in materia di istruzione, università e ricerca: e vi ha fatto puntuale riferimento il ministro Carrozza che ne è stata promotrice con una passione e determinazione di cui desidero darle atto.
E in effetti – questo bisogna ben capire – rafforzare l’istruzione a tutti i livelli, sviluppare la ricerca scientifica, rendere più elevata e moderna la formazione dei giovani attraverso tutti i canali, ciò è decisivo per superare la crisi, per combattere la disoccupazione, per competere nel mondo d’oggi, per costruirci il futuro che l’Italia può riuscire a darsi.
Le conoscenze, le capacità possedute dai cittadini di un paese favoriscono uno sviluppo economico costante. Questo insieme di conoscenze si definisce capitale umano proprio per sottolineare il fatto che si tratta di una vera e propria ricchezza, di un patrimonio su cui un paese può contare. Se vogliamo capire quanto vale questo patrimonio dobbiamo guardare sia alla quantità dei diplomati e dei laureati, sia alla qualità, cioè a quanto si è imparato davvero a tutti i livelli dell’istruzione. L’Italia purtroppo resta ancora indietro rispetto ad altri paesi avanzati – agli ultimi posti nell’Unione Europea – per il numero di quanti procedono fino in fondo negli studi : sono addirittura calate negli ultimi anni le iscrizioni all’università, in concomitanza con l’aggravarsi della crisi economica. E’ a rischio il progresso realizzatosi nel lungo periodo precedente. L’Italia resta indietro anche per quanto riguarda le competenze che si acquisiscono con l’istruzione, come vengono misurate internazionalmente. Il ritardo è particolarmente grave al Sud, dove il divario rispetto al resto del paese aumenta man mano che si passa ai gradi più alti dell’istruzione, ma è presente anche nelle periferie delle grandi città su tutto il territorio nazionale. L’aspetto più positivo è dato dalla sensibilità e dall’impegno delle ragazze e delle giovani, la cui percentuale di partecipazione ai livelli più alti dell’istruzione supera nettamente quella maschile.
Il potenziamento del sistema scolastico là dove si presenta più debole è uno degli elementi del rinnovato impegno che l’attuale Governo sta dedicando all’istruzione. Potenziamento, a cominciare dalle strutture materiali, dagli edifici scolastici divenuti antiquati e insicuri.
Imparare è importante per l’intero sistema paese. Ma cosa serve perché a scuola si impari al meglio? I risultati di varie ricerche ci dicono che più di altri fattori conta l’apporto degli insegnanti. E quindi ci si deve impegnare a investire – in risorse e iniziative – come il Governo ha iniziato a fare, perché la già notevole professionalità dei nostri docenti si rafforzi.
È giusto premiare il merito, incentivare chi lavora nella scuola a fare sempre meglio. Ma occorre anche che gli insegnanti più ricchi di talento siano generosi nel condividerlo.
Infatti, si ottengono buoni insegnanti non solo con un’accurata formazione e con opportuni aggiornamenti, ma anche e molto promuovendo la trasmissione e lo scambio nella capacità di insegnare. Non bisogna mai smettere di imparare gli uni dagli altri, anche dai giovani, e scambiare quel che si è imparato. Sappiamo quante buone pratiche vanno spesso disperse.
Quello che vale per gli insegnanti vale anche per gli studenti. La pratica dell’aiuto negli studi dato dai più bravi a chi resta indietro o dagli studenti più adulti ai più piccoli è un altro bell’esempio di redistribuzione dei talenti. Invito perciò gli studenti migliori a essere generosi e attivi nel condividere quanto hanno imparato.
A voi giovani, a voi ragazze e ragazzi, dico nel modo più semplice e convinto : la sola risposta certa che si può dare alle vostre preoccupazioni per il futuro – “avremo lavoro e quale, qualificato e soddisfacente oppure no, potremo avere un posto riconosciuto nella società?” – la risposta certa a queste vostre domande è una sola : formatevi e preparatevi nel miglior modo possibile. Ve ne deve essere data, certo, la possibilità, dal sistema d’istruzione, dalle strutture scolastiche, dalle politiche pubbliche. Ma almeno in parte, in buona parte, queste possibilità oggi esistono in Italia.
Non così in tutto il mondo, non dimentichiamolo. Ci sono paesi nei quali lo stesso poter andare a scuola è una fortunata condizione della cui importanza noi qui non siamo più consapevoli. All’inizio di un anno scolastico capita di affrontare la scuola con riluttanza, perfino come un pesante dovere, ma la scuola, il poter studiare è soprattutto un grande privilegio. È bene non scordarsi che perfino in Italia ci sono minorenni indotti a lavorare prematuramente. Altrove questo fenomeno è ben più esteso e drammatico : addirittura bambini che invece di andare a scuola sono reclutati come soldati, mentre in altri casi tanti bambini si trovano in territori colpiti da disastri naturali o da sanguinosi conflitti.
Si pensi ora alla Siria : tra quanti hanno dovuto abbandonarla, tra i profughi affluiti in più paesi, i minori sono circa un milione, 740 mila hanno meno di 11 anni. Ai piccoli raccolti nei campi profughi mancano i parenti lontani, ma anche e molto, da quanto dicono a chi li intervista, manca loro la scuola.
E quante bambine in particolare – in varie parti del mondo – non possono andare a scuola? Se lo fanno, sono perseguitate, aggredite per il solo fatto di non essere nate maschi e di voler studiare. Alcune di loro si battono coraggiosamente per questo diritto. È il caso di Malala Yousafzai la giovane pakistana vittima di un attentato talebano che così si è espressa in occasione del suo recente discorso all’ONU : “Il terrorismo, la guerra e i conflitti impediscono ai bambini di andare a scuola. Dobbiamo condurre una gloriosa lotta contro l’analfabetismo, la povertà e il terrorismo, dobbiamo imbracciare i libri e le penne, sono le armi più potenti. Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo.”
Torno a quel che dobbiamo fare in Italia. Voglio dedicare una parola all’attività di ricerca, che è condizione perché il talento possa dare frutti che gioveranno a tanti. C’è qui con noi il Professor Naldini con il Professor Aiuti e altri suoi collaboratori, e pochi giorni fa ho incontrato una più ampia delegazione di Telethon. I risultati della ricerca, in particolare di quella biomedica ma non solo di quella, costituiscono preziosi benefici rivolti al mondo, specialmente ai bambini e non solo italiani.
Investire nella ricerca, investire nel nuovo, è l’esempio che ci viene dal grande e illuminato imprenditore italiano che qui ricordiamo insieme con la RAI : Adriano Olivetti. Promuovere la ricerca e fare ricerca, e in generale studiare e lavorare sul serio è anche una forma di generosità. Lo è ugualmente impegnarsi con disciplina nello sport i cui risultati contribuiscono a ravvivare l’orgoglio nazionale. Ringrazio per questo i nostri atleti qui presenti.
La scuola, in quanto contribuisce a far crescere una cultura diffusa, fa bene alla democrazia : grazie all’istruzione e alla cultura si diviene persone più tolleranti, più aperte, più sensibili a quei valori di solidarietà cui ci richiama con tanta forza di convinzione e semplicità Papa Francesco.
Anche questa cerimonia ci ha ricordato che la scuola concorre a renderci cittadini migliori. Abbiamo potuto costatare ancora una volta quanto la scuola italiana faccia al di là dell’insegnare le materie obbligatorie : sensibilizza ai temi della legalità, ai valori costituzionali, a valori come quelli del rispetto dell’ambiente e del territorio.
La scuola invita alla correttezza, alla non violenza, al dialogo, all’apertura nei confronti di chi vive in condizioni lontane dalla nostra, nei confronti di chi è diverso. Per questo motivo abbiamo scelto come titolo di questa cerimonia La scuola nel mondo. Il mondo nella scuola, che è lo slogan stampato sulle vostre magliette. È testimonianza dell’entu-siastico impegno dei nostri insegnanti la grandissima partecipazione al concorso del Ministero che porta lo stesso titolo. La scuola insegna a vivere in società, a vivere in democrazia, a crescere e ad aprirsi al mondo.
Un’occasione importante per questa apertura al mondo è data dalla presenza di studenti di origine immigrata nelle nostre scuole, perché può sollecitare curiosità per altre vicende storiche e altre realtà, maggiore comprensione per culture e costumi diversi. La scuola deve lasciare che il mondo entri nelle sue aule.
Voi studenti imparate fin da giovani a essere generosi e aperti, e innanzitutto consapevoli di quel che fa dell’Italia un paese straordinario e di quel che ciascuno di noi deve dare oggi a un’Italia in difficoltà. A tutti : buona scuola, buon anno nuovo negli studi e nel vostro cammino verso il futuro.
www.quirinale.it