Due giorni fa la Camera ha approvato l’estensione integrale della legge Mancino alla omofobia e alla transfobia. Si tratta di un passo storico per l’Italia che però ha suscitato dubbi polemiche che rischiano di sminuirne la portata. E sarebbe un errore perché, a mio parere e non solo, si tratta invece di una vera e propria svolta. Vediamo dunque di chiarire i punti chiave della questione.
Per la prima volta un ramo del Parlamento italiano approva una norma ad hoc che riconosce in Italia l’esistenza, la dignità e il diritto di vivere pacificamente di una comunità di persone – le persone Lgbt, cioè lesbiche, gay, bisessuali e transgender – che fino ad oggi non sono state riconosciute in quanto tali, al contrario di altre minoranze. Le uniche norme antidiscriminatorie finora in vigore sono di origine europea e afferiscono a diritti individuali, come quelli del lavoro. Non solo, ma per la prima volta il Parlamento italiano ha mandato solennemente al Paese il messaggio per cui l’odio contro queste persone costituisce un disvalore per la nostra comunità nazionale.
L’omofobia e la transfobia diventano così fenomeni da reprimere allo stesso modo del razzismo, della xenofobia e dell’antisemitismo. La legge Mancino è stata estesa nella sua interezza. Anche l’emendamento Verini, che la modifica, introduce un cambiamento per tutta la legge e non solo per l’omofobia e la transfobia. Persino il titolo della legge risulta modificato: la legge Mancino ora si chiama «Misure urgenti in materia di discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sull’omofobia o sulla transfobia».
Aver esteso la legge Mancino significa che al suo interno sono stati introdotti i reati di omofobia e transfobia. Questo, nella pratica, significa stabilire che «istigare a commettere o commettere atti di discriminazione per motivi fondati sull’omofobia e sulla transfobia» è un reato e che «verrà punito con la reclusione fino a un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro»; allo stesso modo viene detto che è reato «istigare a commettere atti di violenza per motivi fondati sull’omofobia e sulla transfobia» e che questo reato è «punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni». Viene inoltre vietata ogni organizzazione, associazione movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’istigazione alla discriminazione o alla violenza per motivi fondati sull’omofobia e sulla transfobia. Chi partecipa a tali organizzazioni o presta assistenza alla loro attività è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
A parte questi reati di nuova introduzione, la legge Mancino prevederà che per qualsiasi altro reato, non punito con l’ergastolo ma commesso con finalità di discriminazione o di odio fondati sull’omofobia o la transfobia, si applicherà la famosa «aggravante» di cui tanto si è discusso: in pratica la pena sarà aumentata fino alla metà. È bene ricordare che l’aggravante non era prevista nel testo base della commissione: per consentire l’arrivo in aula della legge, il Pd si era infatti reso disponibile a procedere con un testo che non la prevedeva, impegnandosi però a introdurla in aula, come effettivamente avvenuto. È su questo punto che si è arenata la trattativa per arrivare a un’intesa con il Pdl.
Il fatto di aver cercato un’intesa che fosse la più ampia possibile, pur avendo la possibilità di un accordo diretto con M5S e Sel, non è stato compreso correttamente e ha dato adito a critiche come quella di non aver voluto creare problemi alla maggioranza delle larghe intese. Si tratta di una interpretazione infondata. Nella storia del Paese, le grandi riforme civili non sono mai state collegate alle maggioranze di governo: basti pensare alla legge sull’aborto e a quella sul divorzio. I motivi della nostra scelta sono stati due: prima di tutto, fare in modo che la legge fosse considerata un passo importante di crescita per tutto il Paese e non la vittoria di una parte sull’altra. In secondo luogo, garantire una più agevole approvazione al Senato.
Nella legge Mancino ci sono poi altre disposizioni che vale la pena ricordare, come il divieto, in pubbliche riunioni, di manifestare o ostentare simboli propri delle organizzazioni razziste e omofobiche, che è punito con la pena della reclusione fino a tre anni o con una multa. Oppure il divieto di accedere a luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche a chi vi si rechi con quegli emblemi o simboli. Questo significa che, se fino a ieri, uno striscione razzista non poteva essere esposto in uno stadio mentre si poteva esporre uno striscione a contenuto omofobico, con la nuova legge non sarà più così.
Anche sugli emendamenti presentati è bene fare chiarezza. L’emendamento Verini fornisce una chiarificazione dell’intera legge Mancino (non solo la parte sull’omofobia e transfobia) forse superflua, ma che è stata richiesta da parte del mondo cattolico. Si tratta di un’applicazione dell’articolo 21 della Costituzione sulla libertà di pensiero: le norme della legge Mancino sono norme penali che non servono a risolvere conflitti sulle opinioni. Chiunque può continuare a dire di essere contrario al matrimonio gay o allo ius soli. Sono opinioni che possono non piacerci, ma non possono essere oggetto di un procedimento penale.
Il sub-emendamento Gitti in realtà è molto meno preoccupante di come sia stato descritto. Basta leggerlo: vi si dice che non costituiscono atti di discriminazione le condotte delle organizzazioni di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto a queste condizioni. Tutto questo solo «ai fini della presente legge». Questo vuol dire che se vi è un’altra norma che stabilisce un divieto di discriminazione (per esempio: norme sul divieto di discriminazione sul lavoro), queste non vengono sanate da questo emendamento.
Qualcuno, infine, ha detto che questo emendamento serviva a coprire organizzazioni neofasciste: è un’osservazione infondata. Al contrario, la legge approvata mercoledì prevede il divieto, assistito da pesanti sanzioni penali, di creare o assistere organizzazioni che abbiano tra i propri scopi l’omofobia. Fino a ieri questo divieto non era previsto.
L’Unità 21.09.13