La sterilizzazione dell’aumento dell’Iva sembra ormai giunta al termine in uno psicodramma collettivo. Tra il grido dall’allarme dei commercianti e degli agricoltori che temono un ulteriore crollo dei consumi e gli inviti, più o meno ultimativi, dei due principali partiti di maggioranza, il governo entro la settimana deve sciogliere un nodo che con il passare dei giorni diventa sempre più stretto.
Tanto più che la battaglia sull’Iva, intrecciata a filo doppio in questo inizio d’autunno con la partita dell’Imu 2013, ha problemi di copertura vista l’impossibilità per il governo e, in particolare, per il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni di reperire le risorse necessarie da qui a fine anno per cancellare il saldo Imu (2,3 miliardi), congelare per l’ultimo trimestre l’aumento Iva (1 miliardo), rifinanziare la Cig in deroga (5-600 milioni) e le missioni di pace.
E così a legislazione vigente a partire dal prossimo primo ottobre l’aliquota ordinaria Iva aumenterà dal 21 al 22% portando l’Italia a detenere il triste primato della percentuale più alta d’Europa. Tuttavia, sarebbe sbagliato non ricordare che l’aumento dell’Iva, la cui origine si perde nella notte dei tempi e porta la firma (seppure postuma) di Giulio Tremonti tanto da far riflettere sull’innocua pericolosità delle clausole di salvaguardia, riguarda come specificato dal sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta soldi già spesi tanto che «non si può bloccare l’aumento dell’Iva all’infinito».
Già oggi il consiglio dei ministri dedicato al provvedimento Destinazione Italia potrebbe fuori sacco occuparsi dell’Iva in vista della riunione di domani sulla nota di aggiornamento al Def. L’idea sarebbe quella di iniziare a uniformare l’imposta su quei prodotti, come il pane, che subiscono diversi tipi di imposta a seconda dei tipi di commercializzazione o sulle diverse categorie merceologiche.
Come peserà sulla battaglia dell’Iva il videomessaggio di Silvio Berlusconi di ieri è al momento un mistero. Tanto più che il Cavaliere in doppiopetto davanti alle telecamere ha anticipato che «i nostri ministri hanno già messo a punto le nostre proposte per fermare il bombardamento fiscale che sta mettendo in ginocchio le nostre famiglie e le nostre imprese». Parole, quelle di Berlusconi, piuttosto generiche tanto quanto l’osservazione che «il peso dello stato, delle tasse, della spesa pubblica sia eccessivo». In realtà, oltre a una coperta troppo corta, a scontrarsi è una diversa visione di stimoli alla ripresa.
Essendo arrivato il momento delle scelte con la legge di stabilità alle porte quel che ormai è non più rinviabile è il braccio di ferro in atto tra Iva-Imu quest’anno e Iva-taglio del cuneo fiscale per il 2014. Letta e Saccomanni puntano a una mini-riforma delle aliquote Iva a partire dal 2014 che di per sè comporta anche l’aumento dell’aliquota ordinaria al 22% ma che è compensato con un taglio “pesante” del costo del lavoro sia in busta paga sia per le aziende.
L’idea è quella di partorire stimoli alla ripresa dalla parte dei redditi, ma questo fa insorgere in modo trasversale sia il Pd che il Pdl, oltre a Rete imprese Italia e agli agricoltori. Sono in molti a chiedere tagli di spesa per restituire risorse e fiducia ai cittadini e alle imprese. Cambiano i toni ma gli appelli a scongiurare l’aumento si moltiplicano: da Gasparri del Pdl a Speranza del Pd, compreso il consueto battibecco Fassina-Brunetta.
da Europa QUotidiano 19.09.13