attualità, politica italiana

“Senza «tetto» legge pericolosa”, di Paolo Borioni

I lavori parlamentari sulla riforma del finanziamento ai partiti proseguono in questi giorni senza la dovuta attenzione. È grave. Colpisce come tutto accada in un sostanziale silenzio su alcune questioni democratiche decisive. Colpisce questo dibattito inconsapevole dei danni che una legge sbagliata sul finanziamento alla politica può arrecare al Paese. I grandi giornali non fanno altro che indicare l’«Europa» come imperativo categorico ad ogni sussulto o incertezza, ma mai nulla dicono sul fatto che il finanziamento pubblico rimane l’asse fondamentale di ogni democrazia europea.

Così facendo si oscura un processo parlamentare che, nella disattenzione generale odierna (o nella distorsione degli argomenti fino a qualche settimana fa) non pare ancora avere assicurato almeno due pregiudiziali, non negoziabili criteri di riforma. Il primo ed essenziale è indicare tetti il più possibile bassi per ogni donazione, tanto più nel caso già di per sé molto negativo, che le donazioni private rimangano l’unico strumento di sostegno all’attività politica. Il secondo è un divieto assoluto di dona- zioni indirette, ovvero il divieto di aggirare i tetti (se, speriamo, ci saranno) finanziando non i partiti direttamente ma delle campagne «volontarie» in loro favore, oppure in favore di qualche leader. Ma nulla si ode a questo riguardo.

È inquietante. Pare di tornare a vent’anni orsono, quando la crisi del sistema politico fu utilizzata per alimentare un dibattito che guardava ai sistemi politico-elettorali di tipo maggioritario-anglosassone, celando, o quasi, che i migliori risultati in termini di stabilità e di alternanza sono stati ottenuti nel continente europeo con sistemi non necessariamente maggioritari. Ne vediamo oggi i risultati. Anche nel caso della riforma del finanziamento pubblico siamo a questo punto: ignorare l’Europa quando non fa comodo tenerne conto. Viene ignorato per esempio che, pubblico o privato che sia il finanziamento, la corruzione impera se i partiti diventano la propaggine di poteri economici onnipotenti, perché la corruzione in questo modo diviene persino ovvia, implicita, legalizzata. La degenerazione invece si previene creando i presupposti per scacciare (una volta tanto) la moneta cattiva con quella buona. Si dica subito, senza indugi che nessuna donazione sopra i 2000 euro sarà accettata o legale. E si istituisca il co-finanziamento (40 centesimi per ogni euro raccolto in piccole donazioni, incluse le quote delle tessere) per ogni cifra raccolta dai militanti. In modo che le risorse siano per forza dichiarate apertamente. In modo che venga rivalutato il radicamento dei militanti che agiscono per passione, e venga dato loro in mano uno strumento potente, opposto alle carriere politiche fabbricate negli studi televisivi o dai grandi poteri finanziari.

Insomma, si dichiari che se il sistema passato va cambiato per i suoi eccessi, tuttavia è possibile, anzi indispensabile, usare le risorse pubbliche per costruire la democrazia nella trasparenza. Ne uscirebbero partiti molto più radicati nella loro base sociale, e intenti a rappresentarla e a frequentarla. Si scoprirà che la democrazia se ne giova grandemente, e che in pochi anni la popolarità dei partiti (partiti veri, autonomi, presenti nella società, non creature mediatiche) tornerà a crescere. Ma forse è proprio questo che qualcuno vuole evitare.

L’Unità 18.09.13