“La corruzione come metodo”, di Massimo Giannini
I bardi della corte di Arcore, ancora una volta, la sparano grossa. Gridano al «golpe rosso », all’«attacco concentrico», all’«esproprio proletario». Molto più banalmente, depurate dal falso ideologico e politico al quale ci ha abituato la propaganda populista e vittimista del quasi Ventennio berlusconiano, le motivazioni della Cassazione sul Lodo Mondadori sono solo l’ovvia conseguenza civilistica di una verità giudiziale ormai acquisita. Una verità definitiva, al di là di ogni ragionevole dubbio, che a questo punto diventa anche storica. Una verità che sveste il Sovrano di tutti i suoi finti orpelli e i suoi falsi scudi. E lo espone, nudo, di fronte alla legge e al Paese. Cos’altro deve accadere, perché si debbano considerare vere e non più contestabili le accuse provate in ben sei gradi di giudizio, e infine sanzionate con una condanna dalla Corte d’appello di Milano il 9 luglio 2011? A cos’altro ci si può appigliare, per contestare quella sentenza esemplare in cui ora la Cassazione, trova come unico e paradossale «difetto» quello di essere «fin troppo analiticamente argomentata »? Eppure non …