“Lo spettacolo dell’uomo”, di Adriano Sofri
Quando finalmente, con un po’ di ritardo, lo spettacolo comincia, tutto è già stato detto, tutte le metafore consumate, tutte le citazioni classiche e moderne, tutte le deplorazioni della vanità delle foto-ricordo col relitto. E anche tutte le sincere o doverose commemorazioni delle persone morte per il più cretino dei ghiribizzi. Così si può disporsi a guardare per guardare, senza pregiudizio, senza allegrie e pene di naufragi: guardare come riusciranno uomini come noi, o quasi (anche donne, come la signora Sargentini del monitoraggio ambientale dalla voce roca) a manovrare congegni spaventosamente enormi, buoni a riparare la povera carcassa che, quando era un’enormità disgustosa e ottusa, pretendeva di chiamarsi nave. Abbiamo guardato un po’ tutti, chi poteva, almeno all’inizio — poi era un po’ lento — da casa, dall’ufficio, dal bar: è stata la nostra giornata al mare in più. Qualcuno la sapeva già lunga, altri si sono beati di cifre e paragoni mirabolanti. Che cosa c’è di più bello che le cifre smisurate e i paragoni iperbolici? La carcassa da risollevare è grande come 100 …