“I ragazzi nella trappola delle reti sociali che oscurano i nomi”, di Marta Serafini
La rissa a Bologna e un suicidio negli Usa Kik, Ask, Snapchat e altri sotto accusa. La mamma di Rebecca aveva provato a toglierle il cellulare. Le aveva fatto anche chiudere il profilo Facebook e le aveva cambiato scuola. Aveva capito che c’era qualcosa che non andava. Ma non aveva idea che sua figlia, un ragazzina di 12 anni, nata e cresciuta in Florida, fosse diventata il bersaglio di un gruppo di cyberbulli. Non immaginava nemmeno che tutti i giorni sul suo smartphone arrivassero messaggi terribili, che il più gentile fosse «devi morire, fai schifo». Così, quando Rebecca ha deciso di lanciarsi nel vuoto dal tetto di una vecchia fabbrica di cemento a meno di un miglio da casa, non ha potuto fare niente per fermarla. Perché quella mamma che ora si dispera forse non sa nemmeno cosa sia Kik Messenger, quella maledetta applicazione attraverso la quale perseguitavano la sua bambina. Eppure, se si vanno a leggere i centinaia di commenti dei lettori all’articolo sul sito del New York Times che racconta la vicenda, per …