L’annunciata chiusura degli impianti siderurgici del gruppo Riva pone ancora una volta il problema della mancanza di una visione strategica di politica industriale. Si continua a procedere, con una certa timidezza da parte della sinistra, a interventi pubblici caso per caso senza una visione unitaria. È duro a morire il concetto che l’intervento pubblico va fatto solo in mancanza della capacità di autoregolamentazione del mercato. Non si può continuare ad avere un Paese industrializzato senza avere un’adeguata filiera siderurgica. La siderurgia lasciata solo al mercato e ai processi di globalizzazione determinerà le allocazioni produttive fuori del nostro Paese e dell’Europa. È sempre più necessario un intervento per evitare che ciò avvenga. Se non si risolvono i problemi di sostenibilità finanziaria e ambientale, con adeguati investimenti in ricerca, innovazione e favorendo sinergie tra le varie fasi del ciclo di produzione e gli operatori presenti in Italia, inevitabilmente assisteremo alla progressiva scomparsa della nostra siderurgia. Sarebbe un notevole danno strategico e economico per l’Italia. Gli altri Stati stanno intervenendo per difendere e sviluppare le loro industrie di base modificando le tendenze del mercato e della globalizzazione.
La siderurgia italiana non può fare a meno di mantenere la sua dimensione nell’ambito dei Paesi industrializzati. Occorrono i cicli integrali (di Taranto e Piombino-Trieste) per fornire acciaio di qualità. Occorrono i forni elettrici più competitivi con un minor costo dell’energia per dare adeguate flessibilità alla fluttuazione della domanda. Occorrono acciai speciali per applicazioni nei settori più innovativi. Occorrono i piccoli produttori per soddisfare le nicchie di mercato della nostra piccole e media impresa. Occorre una strategia pubblico-privata per migliorare la qualità e innovare gli impianti rendendoli meno energivori e sostenibili dal punto di vista ambientale. Di una siderurgia innovata non ne può fare a meno una moderna economia a bassa emissioni di carbonio. La siderurgia è indispensabile per produzioni manifatturiere. Di acciaio, di prodotti siderurgici tradizionali e di nuovi prodotti con caratteristiche innovative (acciai speciali, nuove leghe ferrose e non ferrose, ecc.) ce ne sarà molto bisogno proprio per sostenere un modello di sviluppo più sostenibile. Non si può affermare che è indispensabile un sostegno alla manifattura se non c’è un’industria di base. L’industria di base deve essere vista come un’opportunità per lo sviluppo del Paese e quindi il sostegno pubblico deve essere previsto non in termini di aiuti di Stato, ma come supporto alla competitività del sistema.
Questa battaglia non può essere fatta solo caso per caso: lasciare le scelte strategiche esclusivamente in mano alle aziende, ormai in buona parte multinazionali, porterebbe a delocalizzazioni e il settore verrebbe fortemente ridimensionato. Bisogna pensare a un nuovo intervento pubblico che veda la siderurgia come una «commodity» per lo sviluppo industriale complessivo del Paese. Sono disponibili tecnologie pulite applicate ai cicli siderurgici, in particolare basate sulla cattura e il confinamento dell’anidride carbonica. Oltre l’altoforno è possibile produrre ghisa con nuovi impianti come il Corex e il Finex più vantaggiosi dal punto di vista energetico e ambientale. Occorre, insomma, una politica industriale, promossa a livello pubblico, che armonizzi le necessita dei produttori con quelle dei consumatori, entrambi attori fondamentali nel campo dei settori utilizzatori di acciaio. Solo così è possibile far convivere produzioni di base e vivibilità dei territori.
In conseguenza della crisi, gli investimenti di parecchie aziende per l’efficienza energetica e l’attenuazione degli impatti ambientali o per sperimentazioni sulla riduzione delle emissioni, sono stati ridotti o bloccati. Non può valere il criterio che nella crisi la ricerca e gli investimenti per l’innovazione vengono abbandonati. Vorrebbe dire abbandonare qualsiasi prospettiva di competitività futura. Va incentivato il rapporto tra centri di ricerca, università e imprese.
Uno strumento particolarmente critico è il credito. Occorre un adeguato sistema bancario, per il credito alla fornitura e per garantire pagamenti più regolari al sistema delle imprese della filiera. In particolare sono necessari crediti agevolati per imprese che fanno investimenti a redditività differita e per interventi che diminuiscono l’impatto ambientale. Se non si fanno queste scelte strategiche sarà difficile per l’Italia difendere uno dei settori più importanti per la sua industria.
L’Unità 14.09.13