In ritardo, inefficienti, con tutor poco coinvolti. I Tfa inciampano sui tirocini che avrebbero dovuto qualificare i nuovi percorsi di formazione iniziale dei docenti delle secondarie. A fare un bilancio del primo anno dei tirocini formativi attivi (Tfa) è il Rapporto Anfis sul Tfa 2013 che l’associazione nazionale dei formatori insegnanti superiori (Anfis) ha appena inviato al ministero dell’istruzione (www.anfis.eu). Condotta su 77 tutor in 39 sedi universitarie dei Tfa, l’indagine, «pur con alcuni limiti – precisa Riccardo Scaglioni, il presidente dell’Anfis – permette valutazioni di tipo qualitativo e tendenziale su quanto avvenuto in questo primo anno» e lo fa «per la prima volta in modo organico e esteso e con la tempestività necessaria a intervenire subito sulla continuazione più positiva dell’esperienza del Tfa nella sua seconda applicazione». Senza entrare nel merito dei risultati formativi dei percorsi né nella loro struttura, l’organizzazione e l’attuazione dei Tfa presenta più ombre che luci. Soprattutto nel tirocinio di 475 ore svolto a scuola. Il primo disagio nel calendario con ritardi in molte università nell’avvio e nella conclusione delle attività didattiche e nell’assegnazione degli incarichi di insegnamento e tutoraggio. Corsi e tirocini nella scuole non sono iniziati prima marzo/ aprile per terminare a luglio come imposto da una nota ministeriale del 10 aprile (prot. N. 839). Mentre alcuni atenei hanno attivato i tirocini senza che i tutor fossero ancora incaricati «per l’assenza, nei tempi opportuni – illustra il rapporto -, della necessaria ormazione e degli atti dispositivi e di chiarimento necessari».
Così si è erogato un servizio diverso nelle varie università con effetti sulla qualità dei percorsi e sulla formazione conseguita. Scarsa la collaborazione tra scuola e università: il 71% degli intervistati non sa se vi siano stati rapporti tra rappresentanze di ateneo e uffici scolastici regionali. Eppure il Miur aveva richiesto la nascita di un comitato regionale di coordinamento integrato con il direttore dell’Usr. Del resto, è stato sottovalutato il consiglio di corso di tirocinio, l’organo più importante del Taf , riunitosi in media 2 colte: le decisioni si sono prese altrove, seguendo modalità e procedure diverse da quelle richieste dalla legge. Solo il 5% ha adottato un modello di tirocinio frutto della collaborazione tra scuola e università. Tanto che il 45% dei tirocini è stato predisposto dalla sola università.
E il 52% ha seguito un modello proveniente da esperienze precedenti, probabilmente le Siss. Nel 75% dei casi le ore per il tirocinio diretto sono da una volta e mezzo fino a 4 volte superiori a quelle di tirocinio indiretto. Quasi il 60% delle attività previste per questo ultimo si sono svolte negli atenei. Mentre le rimanenti sono state divise tra supporto e-learning e attività a scuola. Colpisce l’entità delle ore di autoformazione riconosciute: fino a 355, i del monte ore totale. Appena il 17% dei tutor dei tirocinanti sono stati assegnati rispettando le procedure, che in 4 scuole su 5 sono state improprie o discrezionali. «Classi pollaio», poi, per i tutor coordinatori: superato nella maggior parte dei casi limite massimo di 15 tirocinanti per arrivare a 18 o 22, con casi meno frequenti di 26, 30, 35. Tra le proposte dell’Anfis per il prossimo ciclo del Tfa, «l’istituzione di un organismo autonomo, un Osservatorio nazionale permanente sul Tfa, che accompagni l’attuazione del DM 249/2010 e abbia una composizione simile al quella del consiglio di corso di tirocinio».
da ItaliaOggi 10.09.13