attualità, politica italiana

“Ciò che il Cav vuole fermare ad ogni costo”, di Michele Prospero

Legittimità contro legalità è questa l’ultima battaglia che Berlusconi intende affrontare per non soccombere, riconoscendo una buona volta il fatto compiuto. La storia politica moderna è del resto piena di un contrasto, ora soltanto ac- cennato altre volte più esplicito e irri- ducibile, tra le forme e la sostanza, tra i poteri separati e la potenza effet- tuale che si sprigiona nello scontro
tra gli attori della società.È racchiuso in questa inesauribile polarità tra il legale e il legittimo il cuore del politico, esplorato a fondo con la lente di Machiavelli.
Se il Cavaliere ritiene che le forze fedeli di cui ancora dispone siano in possesso di una soverchiante superiorità strategica, allora il suo sfrontato tentativo di rompere la prigionia delle forme può avere persino un senso. Tentare l’operazione di forza può essere un rischio calcolato quando le risorse del numero e le fortezze rimaste amiche assistono il prode condottiero. Se però le truppe della legittimazione, che dovrebbero garantirgli la meglio sulla tirannia della forma, sono sfiancate ed esauste, assai meglio sarebbe per Berlusconi rinunciare all’attacco frontale e scendere a più miti consigli. Proprio Machiavelli sosteneva che anche il Principe deve rispettare la legge che egli stesso produce.
La legalità, in condizioni normali del sistema politico, ha più forza della legittimità, regina dell’eccezione, delle svolte. Finché l’ordine legale dura, anche il politico più esuberante deve stare alle sue dipendenze. È infatti un atto di estremo irrealismo politico quello di sfidare la legalità senza avere in mano la carta cruda e inequivocabile per imporre il fatto di una diversa legittimazione dei poteri. Berlusconi, che la legge non intende accettare, non ha però la forza necessaria per rompere le trame sottili della legalità. E quindi la sua sfida, che minaccia di sovvertire ogni ordine costituito, è da ritenersi in gran parte velleitaria. Mettere a repentaglio gli averi, far precipitare l’azienda in una condizione di insicurezza e di precarietà estrema, non è proprio un buon partito che si addica a un Berlusconi che pare a corto di sostegno e terribilmente isolato tra gli stessi poteri forti un tempo assai compiacenti. Tra la borsa e la vita, il Cavaliere sceglierà sempre la borsa. La salvezza dell’azienda rimane per lui la salute più preziosa e la stella polare fondamentale dell’agire politico. E quindi precipitare in un vuoto di potere, con l’assalto prevedibile di potenze arcane che lo tallonano e lo ricattano sul piano avido dei beni, non sembra una allettante prospettiva.
Ciò non significa che la sorte di un governo che stenta a dotarsi di una ragionevole missione minima (accodarsi alla ripresa europea, aggiustare il governo parlamentare, rivedere la legge elettorale) sia ben assicurata. Molteplici fattori centrifughi strattonano un esecutivo che naviga a vista e potrebbe all’improvviso urtare contro il primo scoglio non percepito lungo la rotta. Ma l’accelerazione della crisi non rasserena certo le prospettive politiche di Berlusconi, che restano anzi segnate e prive di ogni possibile resurrezione.
Il Cavaliere è spacciato. Appare stretto in un drammatico circolo vizioso. Se riesce a evitare la decadenza, con manovre dilatorie o anticipando il ricorso alle urne, rimane comunque per lui ben ferma la sciagura della incandidabilità. Tutti i suoi ricatti non cambiano la situazione angosciosa che lo obbliga a stare forzatamente fuori dal gioco stritolato tra decadenza, incandidabilità e interdizione dai pubblici uffici.
Con la sua ostinazione, Berlusconi sta diventando un punto di debolezza per la destra italiana. Che esiste, è ancora forte e non sembra affatto disponibile a lasciarsi sedurre dalle leggere narrazioni di chi crede che basta ripetere ogni volta che con lui si vince per sfondare davvero nell’universo moderato. Ad una destra non residuale ma sprovvista di una leadership, Berlusconi ora mette una forte ipoteca che ne pregiudica le capacità competitive.
Con le sue armate in ritiro ma ancora consistenti, con le schiere compatte dei suoi intellettuali organici, con le infinite risorse materiali e simboliche, il Cavaliere è ancora in grado di giocare un ruolo cruciale nella politica italiana. Ma a condurre le danze, e ad accedere nelle sale del potere, non può più presentarsi lui, con sul petto ben impressi i galloni del comando. Tra una destra normale (forse impossibile in Italia) e un partito azienda che non intende smobilitare, a Berlusconi rimane la opportunità di approfittare dei mesi di tregua concessi in nome della stabilità per progettare un partito ibrido, per metà aziendale e per metà politico. Condannato dopo vent’anni a volare senza di lui.

L’Unità 06.09.13