E’ umiliante che mentre nelle altre capitali si discute e ci si divide sulla guerra e sulla pace e sul futuro del mondo, a Roma un uomo solo allo sbando costringa governo e Parlamento a misurarsi con i suoi ricatti. Il destino personale di uno contro gli interessi di tutti, la sua salvezza giudiziaria contro la vita del governo. Minacce che vengono portate avanti a qualunque prezzo: lo spread che riprende quota, la Borsa che precipita portandosi dietro tutti i listini, l’azione economica dell’esecutivo appesa a capricci indecenti. Siamo qui, fermi da più di un mese.
Tra falchi e colombe che si scambiano i ruoli e volteggiano sulla vita difficile degli italiani. Eppure le cose sono chiare sin dall’inizio: Berlusconi è stato condannato in modo definitivo per frode fiscale, dunque nulla o nessuno potrà sottrarlo agli effetti della sentenza. Decadenza e interdizione comprese. Nessuna democrazia può accettare il baratto tra i principi dello Stato e della legalità e quelli individuali di un suo cittadino, chiunque esso sia. Proprio per questo non si può continuare impunemente a terremotare il Paese e il suo governo con la speranza infondata di un qualche salvacondotto. Non si può giocare con la crisi accusando il Pd di essere il responsabile di un’eventuale caduta di Letta perché non accetta (e ci mancherebbe altro) uno scambio impossibile. Quella di Berlusconi è una minaccia diretta all’Italia, alle sue possibilità di riprendersi, alle sue capacità di reagire alla crisi. Se il Cavaliere e il Pdl non si fermeranno, il ventennio berlusconiano rischia di chiudersi con un disastro ancora più grave di quelli prodotti dai governi del centrodestra. E in quel disastro può finirci il Paese e le sue istituzioni democratiche.
Quindi, non si può accettare che questa guerra vada oltre. Non si può continuare a ragionare come se fossimo in una realtà capovolta, nella quale il condannato diventa innocente e l’innocente viene mandato al patibolo. Il Pd ha pronunciato parole chiare che non hanno nulla a che vedere con gli «spiriti giustizialisti»: sulle leggi nessuna trattativa è possibile, la decadenza è un atto dovuto. Lo sanno anche i suoi: tra decadenza e interdizione l’uomo di Arcore non potrà più svolgere alcun ruolo di pubblico ufficio. Ne deve prendere atto, lui che è stato tre volte premier, e trarne le conseguenze facendosi da parte prima di qualsiasi temeraria disputa sulle procedure. Sarebbe, questo sì, un gesto da vero leader, come accade in ogni Paese del mondo.
Chi ha a cuore la Costituzione, le leggi e la democrazia deve impedire che si compia uno scempio. Ma chi decidesse di compierlo deve assumersene, personalmente e fino in fondo, ogni responsabilità. Se Berlusconi vuole togliere il sostegno al governo Letta lo faccia. Si presenti in tv, davanti agli italiani, e spieghi loro perché dovranno mettersi sulle spalle il fardello pesante di una crisi senza soluzioni e di nuove tutele europee e poi rinunciare a quel che questo governo di servizio sta cercando di fare con fatica. Spieghi loro perché la legge è uguale per tutti tranne che per lui, perché gli affari personali contano più del destino collettivo di un Paese, perché lui vale più di loro. Gli italiani capiranno ancora meglio da che parte sta il senso di irresponsabilità, il disprezzo per le istituzioni, per le leggi e per i cittadini. Non è detto che a quel punto non si trovi il coraggio – e lo scatto d’orgoglio – per impedire che lo scempio si compia. E non è detto che non si trovi persino in questo centrodestra disorientato e confuso.
L’Unità 05.09.13