“L’America indispensabile”, di Lucio Caracciolo
Riprendere la misura di se stessi non è facile, specie dopo aver tanto creduto, con ottime ragioni, nella propria superiore potenza. Eppure è questo il filo rosso con cui Barack Obama ha finora tessuto la sua politica estera, nella consapevolezza che l’età aurea del presunto “mondo unipolare” è trascorsa. Obiettivo: districare gli Stati Uniti dalle disastrose guerre di Bush figlio. Guerre che nell’illusione di cambiare la faccia del Medio Oriente con un paio di passeggiate militari avevano sprofondato il prestigio dell’America a un grado intollerabile per chi si considera Numero Uno. Di qui il disingaggio dall’Iraq (completato) e dall’Afghanistan (in corso). E la parola d’ordine del “perno asiatico” – occupiamoci del vero rivale, la Cina, per il resto non abbiamo tempo né denaro. Tutto molto logico. Quasi cartesiano. Troppo, per il disordinato mondo di oggi. Il Medio Oriente, che Obama voleva cacciare dalla porta, rientra dalla finestra. Continuare a ignorarlo, o a subappaltarne le convulsioni ai velleitari alleati europei e a non disinteressati attori locali che usano il disimpegno americano per fini propri, si sta …