Chi ha vinto e chi ha perso sull’Imu? L’uso delle metafore bellico-sportive in questi casi non aiuta. La negoziazione nell’ambito di un governo di grande coalizione prevede necessariamente che ciascuna delle parti sia disposta a cedere qualcosa. Il fatto è che larga parte del centrosinistra non ha ancora elaborato la mancata vittoria di febbraio e la decisione di dar vita ad un governo di compromesso, ogni decisione del quale rinnova le ferite aperte. Si aggiunga che anni di retorica sull’elezione diretta del governo rendono difficile accettare un dato di realtà ovvio di una repubblica parlamentare: governo e partiti che lo sostengono non sono tra loro identificabili.
Solo così possiamo spiegarci il senso di frustrazione diffuso tra gli elettori di centro sinistra, e una certa difficoltà a riconoscere, tra il bianco e il nero, la gamma dei grigi. Va detto che nella vicenda dell’Imu Berlusconi partiva da una situazione di obiettivo vantaggio: l’accoglimento della sua richiesta di abolire l’imposta sulle abitazioni principali può essere presentato oggi come una vittoria, ma il mancato accoglimento gli avrebbe consentito domani di sventolare ancora una volta la carta dell’abrogazione dell’imposta, o magari farne il casus belli per distogliere l’attenzione dal tema della decadenza.
Esaminando la questione con obiettività ci accorgeremo tuttavia che la posizione del Pdl è stata accolta solo a metà. A fronte della richiesta di esclusione totale e definitiva dell’imposizione sull’abitazione principale, il governo ha deciso per una ridefinizione dell’imposta esistente che assumerà dal prossimo anno le caratteristiche di una cosiddetta imposta sui servizi o Service tax. Il gettito di tale imposta garantirà ai comuni circa la metà del gettito dell’attuale Imu sulle prime case (il resto sarà coperto da un aumento dei trasferimenti erariali) e la base di riferimento continuerà ad essere presumibilmente la rendita catastale dell’immobile. Soggetti passivi saranno sia i proprietari che gli inquilini, anche se questi ultimi saranno colpiti in misura minore, e sono allo studio soluzioni compensative dei possibili effetti più regressivi che potrebbero derivarne. L’imposta sui servizi vedrà ampi spazi di autonomia da parte dei Comuni, in modo da realizzare quel nesso virtuoso tra imposta e benefici ricevuti che è alla base di una corretta nozione di decentramento fiscale. Si terrà infine conto delle caratteristiche del nucleo familiare, per favorire le famiglie numerose conviventi.
La soluzione a regime non sarà dunque molto diversa da quanto indicato anche dal Pd, che aveva espresso già in campagna elettorale l’intenzione di rendere l’imposta sugli immobili meno gravosa per le famiglie meno abbienti e più coerente con il disegno del federalismo fiscale. Altri provvedimenti in tema di immobili, come il sostegno ai mutui per l’acquisto della prima abitazione e la riduzione dell’imposta sugli affitti a canone concordato, vanno in direzione di una maggiore garanzia del diritto alla casa e vanno dunque salutate anch’esse con soddisfazione. Tutto bene dunque? Non proprio. La versione finale del decreto legge non ha accolto la richiesta, espressa con forza dal Pd, di alleggerire il carico Imu sugli immobili strumentali delle imprese. Ma è soprattutto la scelta di azzerare per intero l’Imu su tutte le abitazioni principali già nel 2013 a destare preoccupazione. Il Consiglio dei ministri ha sancito la cancellazione della prima rata e ha trovato un accordo politico sulla cancellazione della rata di saldo di dicembre. Ma tale accordo costerà ben 2,1 miliardi, che il governo si è impegnato a trovare nell’ambito della legge di stabilità da presentare nel mese di ottobre. Difficile immaginare che le relative coperture possano derivare da riduzioni di spesa, considerando che siamo ormai a settembre e qualsiasi voce si decida di tagliare produrrà effetti limitati al solo ultimo trimestre 2013. Sarebbe peraltro una sciagura se si andasse a colpire spesa per investimenti o degli altri interventi di rilancio dell’economia e di sostegno alle ampie aree di sofferenza sociale. Inoltre, a meno di trovare una soluzione una tantum che fornisca le risorse per un ulteriore rinvio di tre mesi (un altro miliardo ), è probabile che dobbiamo rassegnarci all’aumento Iva del 21 al 22% previsto dal primo ottobre. Di tale aumento il Pdl, che ha tanto insistito per l’abolizione integrale dell’Imu 2013, porterebbe la responsabilità.
Un rimedio tuttavia ci sarebbe: il governo dovrebbe considerare seriamente la possibilità di anticipare già al 2013 la Service tax, o una sua versione provvisoria limitata per quest’anno agli immobili di maggiore pregio. Per evitare l’aumento dell’Iva o la riduzione di spese essenziali ne varrebbe certamente la pena.
L’Unità 31.08.13