L’accordo sull’Imu avviene in un clima politicamente molto difficile Da quanto hanno detto Letta e i suoi ministri la prima rata sulla casa di residenza (finora solo sospesa) scompare, mentre la situazione è più incerta sulla seconda rata, per la quale c’è un impegno di eliminazione ma con problemi di copertura. È sicuro in- vece l’Imu verrà poi sostituita (a partire dall’anno prossimo) dalla Service tax, che assorbirà la Tares, l’imposta che finanzia la nettezza urbana.
È’ chiaro che un prezzo alle richieste del Pdl è stato pagato, e che un governo di rinnovamento avrebbe fatto scelte molto diverse. Non bisogna scordarsi che quando s’impegnano delle risorse pubbliche in una direzione, si annullano altre scelte possibili, cioè nel caso specifico interventi sull’Irpef a favore dei lavoratori dipendenti e dei pensionati di reddito medio-basso.
Il provvedimento illustrato dal premier Letta stanzierà delle risorse anche per una parte degli esodati e cassintegrati, ma necessariamente con risorse più limitate, oltre a rinviare l’aumento dell’Iva anche per l’ultimo trimestre. Angelino Alfano ha già trovato il modo di presentare il provvedimento governativo come una vittoria del Pdl, ma le cose non stanno proprio così. C’è una mezza vittoria per questo anno, ma rimane ancora aperta la soluzione della seconda rata. Inoltre dal punto di vista strutturale, cioè per gli anni a venire, la Service tax verrà pagata sia dai proprietari che dagli inquilini (che adesso pagano la Tares). Sembra quindi che la scelta del governo sia per un’imposta che assomiglia più alla soluzione francese che a quella inglese. La differenza è che in Francia vi sono due imposte, una pagata dai proprietari e una da chi usa l’immobile; il proprietario residente quindi le paga entrambe, ma con una riduzione. Dire che l’Imu sulla prima casa non c’è più sarà quindi una bugia, perché vi sarà la Service tax.
Ovviamente il governo dovrà definire nel dettaglio come verrà articolata la componente patrimoniale; ad esempio in Francia entrambe
le imposte sulla casa sono calcolate sulla base di rendite catastali rivalutate, mentre da noi la Tares si basa sui metri quadri dell’immobile. La scelta dei metri quadri dipende dall’idea che la
dimensione dell’appartamento sia un’indicazione del numero delle persone che abitano nell’immobile. È probabile che nei grandi numeri una relazione del genere si possa trovare, ma prendere a base il numero dei metri quadri invece del valore catastale tende a favorire la rendita urbana; un appartamento di cento metri quadri ha un valore molto diverso a seconda dell’ubicazione. La componente patrimoniale dovrebbe quindi essere predominante nella Service tax, e la componente puramente dimensionale dovrebbe tener conto dell’ubicazione dell’immobile; è probabile che l’orientamento del governo vada in questo senso. È invece del tutto improbabile che il governo affronti quello che è in realtà il problema principale dell’Imu, cioè le forti discrepanze tra i valori effettivi degli immobili e quelli che vengono calcolati sulla base delle rendite catastali rivalutate col moltiplicatore di 160. È questo un elemento che costituisce una forte arbitrarietà nel calcolo dell’imposta, e che introduce un aspetto di regressività, dato che gli appartamenti delle zone di pregio come i centri storici sono spesso quelli più vecchi, e quindi con rendite catastali più basse. Oltre alla scelta di affidarsi alla (lunga) strada della trasformazione dell’attuale catasto in un catasto parametrale, si potrebbe subito ricorrere alle stime effettuate dall’Osservatorio Immobiliare, eventualmente abbassando le stime di un 10-15%.
In questo modo sicuramente la forte variabilità tra rendite e valori effettivi sarebbe molto ridotta. Un ultimo punto riguarda l’ancora incerto destino della seconda rata dell’Imu. Al momento infatti non si è trovata una copertura per gli oltre due miliardi necessari. Ma forse su questo occorrerebbe una parola più chiara: anche se le risorse ci fossero, sarebbe bene che venissero impiegate in favore di chi ne ha maggiormente bisogno. Un quarto delle famiglie che vivono nella casa di proprietà ha già ricevuto un regalo con l’eliminazione della prima rata; non è necessario che ne ricevano un altro, in una situazione in cui le diseguaglianze sociali sono aumentate.
L’Unità 29.08.13