«Si sta rompendo a causa di Berlusconi il patto non ufficiale, una sorta di gentlemen agreement che doveva evitare qualsiasi sconvolgimento politico prima delle elezioni tedesche. Viviamo in una fase di “volatilità controllata”: ma se la situazione si avvita, come ormai sembra tutt’altro che impossibile, le conseguenze potrebbero essere molto pesanti per l’Italia». Questa volta Nouriel Roubini non vorrebbe abbandonarsi al pessimismo, ma poi analizzando le ipotesi possibili le speranze di una schiarita si dimostrano davvero poche. Sono ore febbrili negli uffici del centro studi Rge, che Roubini ha fondato a pochi isolati dalla New York University dove insegna. Da qui il professore segue minuto per minuto la partita- Italia con l’assistenza di Brunello Rosa, l’economista della London School of Economics che è direttore delle macro- strategie del think-tank. «La situazione — dice Roubini — potrebbe precipitare già domani alla riapertura (oggi per chi legge, ndr)».
Così presto?
«E’ una giornata in cui potrebbero accavallarsi diversi fenomeni negativi: le contrattazioni sono limitate perché è periodo di ferie, anche in America dove l’attività riprenderà a pieno regime dopo il Labor Day del 2 settembre, ed è chiuso il mercato di Londra per una festività. In ogni caso, se non si trova una soluzione, lo spread risalirà entro pochissimi giorni a quota 300, il buon momento del mercato azionario italiano si interromperà, i titoli bancari saranno particolarmente penalizzati e i costi del credito torneranno ancora una volta a salire. Quanto più le elezioni sono prossime, tanto maggiore è il danno per i Btp».
Tutto questo perché si è infranto il patto con l’Europa, e la fiducia che è stata riposta nel nostro Paese e che ha evitato finora traumi malgrado le tensioni, come ricordava nel suo editoriale domenicale Eugenio Scalfari, sarà stata ancora una volta tradita?
«Esattamente. Ed è un peccato, perché Enrico Letta, una persona seria e rispettata da tutti sul piano internazionale, sta con il suo governo facendo molte cose buone, a partire dall’accelerazione per i pagamenti dei crediti della pubblica amministrazione. Letta sta agendo bene con l’appoggio del governo tedesco, fondamentale che ci piaccia o no, nonché della Bce Mario Draghi, sostegno che non si può sapere se verrà conservato se la situazione precipita. Sull’Imu la soluzione che si sta profilando è quella giusta: una tassa da far gravare solo sui più abbienti. Con le risorse che ne verranno, si imposterà l’alleggerimento del carico sulle imprese e sui lavoratori. Una linea corretta, e i mercati la stavano apprezzando. Invece Berlusconi per un mero calcolo personale prende a pretesto proprio l’Imu per aprire la crisi. Anzi, per pretendere l’immunità personale, a costo di sfasciare tutto. Una posizione inaccettabile. Vedremo se Napolitano riuscirà ad evitare le elezioni prima della Finanziaria. Il nostro scenario più probabile è che si voti all’inizio del 2014 ma non escludiamo un’accelerazione.
I mercati stanno facendo un ragionamento simile».
Lei parlava del patto implicito, o diciamo riservato, verosimilmente raggiunto dalla Merkel direttamente con Napolitano come era avvenuto già nel 2011, che doveva evitare “incidenti” fino al 22 settembre. Ma questo significa che sotto la cenere cova comunque una certa preoccupazione sull’Italia?
«La domanda di fondo rimane: l’Italia ha un immane debito
pubblico, ce la farà a ripagarlo? Il problema è la crescita. Il Paese viaggia con un Pil più basso dell’8% rispetto a prima della crisi. Ammesso che si sia raggiunto il fondo, quale velocità avrà la ripresa? Gli indicatori mostrano un quadro di sviluppo assai limitato, quindi la questione della sostenibilità rimane. Con una prospettiva temporale decente questi problemi si possono affrontare con lucidità al pari degli altri casi europei. A partire dalla Grecia, che ha bisogno, come si è lasciato sfuggire lo stesso Schauble, di una nuova ristrutturazione finanziaria, e vedremo a chi saranno imposte le perdite. Altre sorprese potrebbero venire dagli altri Paesi sotto programma internazionale di assistenza. L’Italia per ora non ha avuto bisogno di interventi d’emergenza, ma non è escluso che un’operazione sul debito sia necessaria fra qualche tempo, magari un allungamento delle scadenze: swap di titoli a corto con altri a lungo dietro un piccolo mark-up (sconto,
ndr).
Sono normali misure di gestione delle passività condotte in un regime market-friendly, senza emergenze, da realizzare con gradualità in un quadro di stabilità nel prossimo anno e mezzo. Ecco, quest’equilibrio rischia di saltare. L’Italia è sotto osservazione perché tutti temono l’instabilità politica, che si conferma il punto debole: non ci sentiamo più di escludere misure più radicali di ristrutturazione del debito a
medio termine».
Ha rivisto le previsioni sulla crescita italiana per quest’anno?
«No, lo stiamo facendo adesso. Finora eravamo più ottimisti della media: per il secondo trimestre il mercato diceva – 0,4%, noi – 0,1%. Alla fine la perdita del Pil è stata dello 0,2. Per l’intero 2013 noi prevedevamo un -1,7%, il Fondo Monetario ha detto – 1,8 e la Banca d’Italia è arrivata quasi al 2%. Temo che dovremo rivedere anche le nostre previsioni al ribasso, e neanche di poco, se la situazione precipita».
La Repubblica 26.08.13