Ogni giorno gli aruspici interrogano il volo dei falchi e delle colombe per decifrare la volontà di Silvio. Le previsioni hanno la durata e l’affidabilità dell’oroscopo giornaliero. Anche se le vie d’uscita sono poche, forse meno di due, le ipotesi in campo si squadernano come una teoria del caos dove tutto sembrerebbe possibile. Perfino un’imminente rielezione.
In omaggio al nonsense di questo scorcio di cronaca patria, e per rispetto a Silvio Berlusconi, si tiene conto di tutte le variabili, anche le ipotetiche di terzo grado, con tediosissimi approfondimenti intorno alla bontà della legge Severino, per profilare scenari futuribili: dalle successioni dinastiche take-away, alla candidatura del Cavaliere per elezioni di novembre, come se
Napolitano non aspettasse altro che sciogliere le Camere per l’estate di San Martino.
In questa fuffa di previsioni, dove a ogni dichiarazione di un falco corrisponde un timore inespresso di una colomba di governo, forse tocca spostare lo sguardo sulla calotta di Montecitorio, oltre il dito e perfino oltre la luna: verso l’Empireo di quelle supernove, monadi luminescenti di una luce che mentre arriva è già testimonianza di una materia inerte e collassata, anche se pentastellare.
E dunque. L’ipotesi scientifica, la cosmicomica di questa metà agosto – o meglio: il sospetto di una notte di mezza estate – è una congettura probabile, e non del tutto impossibile.
Mettiamo che, al voto in aula sulla decadenza del senatore Silvio Berlusconi, complice il segreto dell’urna elettronica, i Cinque Stelle votassero contro. Mettiamo, per esempio. È un’ipotesi da non escludere.
Nessuno si scandalizzi. Tutto può succedere, perché di fatto è già successo. La Lega antagonista degli anni Novanta, la Lega che nelle mani di Luca Leoni Orsenigo il 16 marzo ’93 agitava il cappio dagli scranni della Camera contro i politici corrotti, quella Lega, meno di un mese dopo, al voto sull’autorizzazione a procedere, il 29 aprile, nel segreto dell’urna offriva il suo piccolo, ma essenziale, contributo per salvare Bettino Craxi.
Che dire? Era la Lega rivoluzionaria dell’età dell’oro. La Lega pura e dura, prima degli scandali di Belsito, prima dei diamanti e delle ramazze. La Lega metafora del nuovo, ruspante e autentica, che sgomitava per dare il colpo di grazia alla Prima Repubblica.
Era la Lega contro i partiti. La Lega superiore, per razza e territorio. La Lega rozza ma purificatrice. La Lega del bagno iniziatico nel Po. La Lega che sdoganava l’insulto primitivista, il dito medio come fattore empatico, ed egemonico, sugli arrabbiati di tutto il Nord.
Nel pensiero antagonistico dei sedicenti rivoluzionari – solitamente molto più gattopardeschi di quanto si possa confessare agli elettori – mantenere in vita il nemico, senza parlarci, è sempre garanzia di sopravvivenza. Un darwinismo pataccaro, da mignatta: finché vivi tu, vivo pure io.
E dunque: dopo gli hors-d’oeuvre dei vaffanculo in piazza, dopo l’impresa dannunziana nello stretto di Messina, dopo gli insulti in libertà offerti come linguaggio biliare, e tanto liberatorio, che esclude dal cerchio della fiducia chiunque non sia della tribù; dopo il fango sulle istituzioni, e dopo la marcia indietro davanti a possibili responsabilità. Dopo tutto, insomma, salvare Silvio conviene.
Solo così è possibile, per il movimento di Gianro&Beppe, conquistare la frontiera della piena entropia istituzionale; ipotesi di ripiego, sì, ma concretamente percorribile, rispetto alla conquista del 51 per cento, per ora solo materia di escatologia elettorale.
Imbalsamare Silvio è, per Grillo, l’unica possibilità di evitare il buco nero di una responsabilità di governo, nel caso in cui il Pdl facesse cadere i suoi ministri, e ai Cinque Stelle venisse chiesta una prova di impegno, su punti precisi, per salvare l’Italia.
L’ipotesi, inoltre, consentirebbe di sigillare in ceralacca le ingiurie quotidiane contro un Parlamento democraticamente eletto ma, per il capogruppo Nicola Morra, già illegittimo, e cucire la lettera scarlatta sul petto del Pd. Insomma, ci sarebbe tutto da guadagnare. Si potrebbe perfino scalzare Sel – disponibile a garantire una legge elettorale e il rifinanziamento della cassa integrazione – e attestarsi in opposizione perpetua.
Una prospettiva di crescita legata al tasso di indignazione, e dunque di indotto elettorale. Potrebbe succedere. È già successo. Hasta la victoria, qualunquemente.
L’Unità 21.08.13
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