Come nelle epoche maledette, quando la politica diventa impostura, stiamo assistendo a un rovesciamento clamoroso del senso, a
un sovvertimento della realtà.
Il reato commesso da Berlusconi e sanzionato da tre gradi di giudizio è scomparso, nessuno chiede conto all’ex Premier del tesoro illegale di 270 milioni di euro costruito a danno della sua azienda e dei piccoli azionisti per giocare sporco nel campo della giustizia, della politica, dell’economia, alterando regole, concorrenza e mercato.
Nel mondo alla rovescia in cui viviamo si chiede invece ad un soggetto politico – il Pd – e a due soggetti istituzionali (il Presidente del Consiglio e il Capo dello Stato) di compromettersi con la tragedia della destra, costretta a condividere in pubblico i crimini privati del suo leader. Compromettersi trovando un’uscita di sicurezza dalla condanna definitiva del Cavaliere, piegando il diritto, la separazione dei poteri e la Costituzione, cioè l’uguaglianza dei cittadini. E tutto questo con una minaccia quotidiana che dice così: la politica e le istituzioni sono talmente deboli che la disperazione conclusiva di Berlusconi può tenerle prigioniere, piegandole per poi farle sopravvivere deformi per sempre. Napolitano ha già risposto che le sentenze si eseguono.
Ma le pressioni non si fermano, puntano alla creazione di un nuovo senso comune, urlano al sacrilegio politico, invocano l’eccezione definitiva che faccia di Berlusconi il “fuorilegge istituzionale”, il primo cittadino di uno Stato nuovo, fondato sulla trasgressione elevata a norma, sulla forza che prevale infine sul diritto. Bisogna essere consapevoli che questa è la vera posta in gioco oggi. Si può rispondere se si è capaci di mantenere autonomia politica e culturale. E soprattutto se si sa conservare la coscienza di vivere in uno Stato di diritto e in una democrazia occidentale, che non vuole diventare una satrapia dove la nomenklatura è al di sopra della legge e un uomo solo tiene in pugno il Paese.
La Repubblica 21.08.13