Verificare come sono andati i programmi per l’utilizzo dei fondi europei. Puntare all’empowerment dei giovani. Reperire un miliardo per la scuola, l’università e la ricerca. Sono le tre leve che il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, chiede di azionare per rendere il nostro sistema più competitivo e al tempo stesso più attrattivo. Passando anche dall’introduzione di un vero credito d’imposta per le imprese. «Perché i cittadini sottolinea l’ex rettore della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa devono capire che non c’è solo l’Imu». E anche perché «non c’è un’opzione B»
I dati sull’utilizzo dei fondi Ue per la ricerca dicono che abbiamo speso poco più dell’8% e siamo solo quarti in Europa. Che impressione trae da quei numeri? La mia impressione è che le nostre prestazioni non siano state all’altezza del valore dei nostri enti di ricerca e delle nostre università. Occorre migliorare dal punto di vista dell’organizzazione della ricerca e aumentare sia il numero che la qualità dei nostri ricercatori. Il mio obiettivo è fare del 2013-2014 l’anno accademico dei giovani ricercatori. Per questo dobbiamo concentrare le risorse sui progetti a cui i giovani possono accedere. Ad esempio, bisogna dare la massima priorità al Firb (il Fondo per la ricerca di base, ndr).
Con quali mezzi? Le risorse le stiamo verificando ma dovrebbero essere circa 48 milioni. In più abbiamo lavorato per riportare il turn over al 50% e questo è un successo del Governo Letta. Ma ora è importante favorire una politica complessiva per i giovani ricercatori. Faremo una linea di indirizzo su come andranno realizzate le pubblicazioni. Diremo che verrà premiato chi firmerà le pubblicazioni senza il supervisore di dottorato dimostrando di essere indipendente. È un sistema già adottato nell’European Research Council dove i ricercatori devono dare prova di saper pubblicare da soli. Anche nel valore dei progetti di ricerca terremo conto dell’indipendenza e dell’autonomia dimostrate. E privilegeremo gli atenei e i centri di ricerca che hanno ricercatori come responsabili e coordinatori di progetti. I giovani devono diventare i protagonisti della riscossa. Dobbiamo lavorare per renderli più indipendenti come avviene all’estero. La nostra fuga di cervelli è anche legata al fatto che all’estero i ricercatori sono più liberi e l’ambiente li responsabilizza di più.
Dai numeri emerge una migliore capacità di spesa nei progetti che coordiniamo. Ma per coordinarli dobbiamo essere più credibili agli occhi di Bruxelles. Come? Abbiamo da poco nominato i nostri delegati nel comitato del prossimo programma Horizon 2020. Mi impegno a riceverli una volta al mese e mi diranno come possiamo muoverci. Tra l’altro abbiamo scelto persone che già conoscono il mondo imprenditoriale.Il contatto con le imprese è fondamentale. Non solo con le grandi ma anche con le piccole e le medie. Qui sarà importante anche il ruolo delle università e degli enti di ricerca che dovranno fare da raccordo. È tutta la filiera infatti che va attivata.
Anche con il credito d’imposta che le imprese chiedono da anni? Certo. Ma deve essere un credito d’imposta vero e che funzioni. Non un click day. il momento di dire che non si può parlare solo d’Imu. I cittadini devono capire l’importanza della ricerca e dell’innovazione. Ne va della capacità del nostro sistema produttivo e dell’attrattività dei capitali stranieri. C’è un termine che mi piace molto. Ed è l’empowerment dei giovani. Bisogna far sì che i ragazzi guidino il sistema. Come nel Dopoguerra anche oggi tocca ai trentenni fare ripartire l’Italia.
Ci sono le condizioni politiche per riuscirci? Su questi temi in Consiglio dei ministri e in Parlamento c’è un buon clima. Forse è più difficile farli passare nelle università e negli enti di ricerca. Ma è un segnale che va dato ai cittadini. Per questo mi chiedo: perché non cercare un miliardo per fare ripartire la scuola, l’università e la ricerca? Puntare sul capitale umano è l’unica via per uscire dalla crisi.
Prima ha citato Horizon 2020. In quel programma i fondi per la ricerca aumenteranno almeno del 20 per cento. Nei prossimi sette anni riusciremo a migliorare le nostre performance di spesa? Non c’è un’altra opzione. È un punto di vita o di morte del nostro sistema. O miglioriamo i tempi e la qualità dei progetti e aiutiamo i giovani ricercatori a essere all’altezza dei loro colleghi o perdiamo il treno. Non c’è un’opzione B.
Il Sole 24 Ore 13.08.13