Sono tempi convulsi. Non lasciano tempo per progettare, né il tempo per immaginare. Quel che accadrà nei prossimi mesi. Domani. Che succederà domani? Il governo guidato da Enrico Letta pare appeso a un filo. La condanna in via definitiva di Silvio Berlusconi per frode fiscale, in Cassazione, sembra aver compromesso l’equilibrio instabile su cui si reggeva la strana e larga maggioranza di governo. Il Pdl, in particolare, ha lanciato polemiche roventi per ottenere giustizia politica contro la magistratura nemica. Perché Berlusconi venga “graziato” dal presidente. Perfino Sandro Bondi, persona normalmente mite, ha agitato il fantasma della “guerra civile”. Mentre altri colleghi di partito hanno usato, al proposito, un linguaggio molto più esplicito e diretto. Intanto, ieri sera, davanti a Palazzo Grazioli, un Popolo è sceso in piazza per la Libertà. Di Silvio Berlusconi. Il quale, rispondendo all’appello dei fedeli, ha rivendicato la propria innocenza. E ha ribadito la volontà di “non mollare”. Di non piegarsi al potere illiberale dei giudici di sinistra. Dei giudici e della sinistra. Berlusconi, nella campagna elettorale permanente, di questi tempi convulsi, ha identificato il Nemico. I magistrati, che non sono un’istituzione, ma impiegati dello Stato. Che pretendono di rovesciare i poteri democraticamente eletti dal popolo.
Eppure, nonostante i toni violenti, contro le istituzioni dello Stato, Berlusconi, ieri, ha ribadito il sostegno del suo partito al governo. D’altronde, sa bene che il presidente Napolitano (peraltro, criticato esplicitamente da Berlusconi) non permetterebbe la conclusione dell’esecutivo guidato da Letta e, soprattutto, la fine della legislatura anticipata. (Lo ha chiarito bene Eugenio Scalfari nell’editoriale di ieri.) Almeno, prima che venga approvata una nuova legge elettorale. Ma a Berlusconi e il Pdl non conviene aprire la crisi di governo perché “fuori dalla maggioranza”, per loro, sarebbe molto peggio. Rischierebbero di finire isolati. Di “subire” leggi (elettorali e non solo) sgradite e svantaggiose.
E poi, perché mai il Pdl dovrebbe volere nuove elezioni proprio oggi, che non potrebbe candidare Berlusconi? E, senza Berlusconi, il Pdl semplicemente “non è”. Non esiste. Lo si è visto l’anno scorso, quando sembrava che il Cavaliere non si candidasse alla guida del partito e della coalizione. Allora, nei sondaggi, il Pdl era sceso intorno al 15%. Il ritorno in campo del Cavaliere ne ha determinato la rapida risalita. Per quanto relativa e limitata, visto che, a febbraio, il Pdl si è fermato al di sotto del 22%: circa 15 punti e oltre 6 milioni in meno, rispetto a cinque anni prima. Come potrebbe presentarsi al voto senza il suo Signore e Padrone? In condizioni più precarie del passato? Certo, Berlusconi potrebbe giocare la carta del perseguitato in patria. (Come ha già fatto ieri.) Trasformare il voto in un referendum per la (propria) libertà. Ma rischierebbe di essere poco convincente. Difficile, per lui, proporsi come una nuova versione di Silvio Pellico. Paragonare Villa Grazioli o Arcore alla Fortezza dello Spielberg: sarebbe troppo, anche per un mago della propaganda, come lui. Ma, soprattutto, andrebbe contro il clima d’opinione. Infatti, come ha rilevato Nando Pagnoncelli in un commento scritto per l’Agenzia InPiù, «l’80% degli italiani ritiene che il Pdl dovrebbe continuare a sostenere il governo Letta». Un’opinione condivisa da sette elettori su dieci nel Pdl. I quali, dunque, lo considerano senza alternative. Necessario, per non affondare in una crisi economica e sociale ancor più drammatica. Come potrebbero, Berlusconi e i leader del Pdl, spiegare agli elettori, anche ai propri, che gli interessi del Cavaliere vengono prima di quelli degli italiani? Che la “libertà” di Berlusconi e le questioni della giustizia siano prioritarie rispetto alle riforme dell’economia, del fisco, del lavoro? Di fronte alla necessità di rappresentare il Paese in ambito europeo e internazionale?
Per questo è difficile pensare che il Pdl e, per primo, Berlusconi vogliano davvero porre fine all’esperienza di governo per aprire una nuova stagione elettorale. Che potrebbe indebolirne ulteriormente non solo il peso elettorale, ma anche quello politico. oltre alla credibilità. È più probabile, piuttosto, che il Cavaliere, con i suoi interventi e le manifestazioni del suo Popolo, intenda modificare l’opinione pubblica. Trasformare una vicenda giudiziaria in una questione politica. Fra Berlusconi e i magistrati. Eterni duellanti. È probabile, inoltre, che le azioni del Pdl siano finalizzate a ottenere qualche via d’uscita, qualche salvacondotto, per il leader. Ma è, comunque, certo che le mobilitazioni di questi giorni servano, comunque, a favorire il ritorno al nuovo (?) soggetto politico. Forza Italia 20 (anni dopo). E, forse, a preparare una successione alla leadership per via dinastica. Di padre in figlia. Come avviene nei partiti carismatici e personali.
L’impressione, peraltro, è che anche il Pd, il principale “avversario” politico del Pdl, viva questa vicenda con qualche disagio. E disorientamento. “Costretto” a un’alleanza sempre più contro natura. Perché, in primo luogo, i suoi elettori (oltre l’80%), più ancora di quelli di Berlusconi e di FI, ritengono il governo Letta “necessario”, in questa fase e nel prossimo futuro. Poi, perché attraversa anch’esso una transizione complicata. Le primarie: annunciate per fine novembre. I dubbi e le tensioni in merito alla segreteria del partito e alla premiership. Tra Renzi, Letta – e altri. Infine, anche il Pd appare in difficoltà nel concepire il proprio futuro “senza Berlusconi”. Perché il Cavaliere è il chiodo a cui sono appesi tutti i principali attori della Seconda Repubblica. Nel bene e nel male. Pro o contro. Ha condizionato le scelte e i comportamenti, ma anche i modelli organizzativi dei soggetti politici degli ultimi vent’anni. Ora che questo chiodo si è quasi staccato e, comunque, scricchiola, tutti – amici e nemici di Berlusconi – faticano ad attaccarsi altrove. Oppure a costruire e a offrire un appiglio diverso.
Per questo nessuno mette in discussione il governo Letta, nella maggioranza. Per questo, però, il governo appare sempre più fragile. In quanto è difficile che si possa reggere su partiti deboli, incoerenti, uniti per necessità e per paura.
Anche se l’idea di nuove elezioni, a breve termine, è difficile da accettare. Perché affrontare una campagna elettorale impostata da e su Berlusconi, ma senza Berlusconi: è un altro salto nel voto…
La Repubblica 05.08.13
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