attualità, politica italiana

M5S, comanda Casaleggio. E Nuti dice: «Mai col Pd», di Andrea Carugati

Ricomincia la telenovela a 5 stelle su «governo sì governo no»? Le premesse ci sono tutte. E se si dovesse arrivare a una crisi di governo, con il bivio tra le elezioni e una nuova eventuale maggioranza, lo psicodramma grillino è garantito. Ci sono già le prime avvisaglie. Giovedì il capogruppo Riccardo Nuti ha mandato una mail ai suoi deputati, due ore prima della sentenza su Berlusconi, in cui disegnava alcuni scenari possibili. In caso di condanna, scriveva Nuti, «il Pd dovrebbe chiudere con il governo, fare una legge elettorale con noi e andare a votare». «E se Napolitano non volesse sciogliere le Camere allora toccherebbe a noi, dopo questo fallimento.Un governo su cinque punti: legge elettorale, reddito di cittadinanza, misure per le Pmi, abolizione finanziamento pubblico ai partiti, legge conflitto interessi. Con quale maggioranza? Con i voti di quei parlamentari – e sono sempre di più – che si rendono conto dell’inadeguatezza di questi partiti».

La mail è sembrata una prima timida apertura di dialogo con i democratici, ma ieri mattina questa lettura è stata bocciata dallo stesso Nuti. «Lo abbiamo detto più volte: il Pd è il Pdl e con il Pd mai». È la linea ortodossa voluta da Gianroberto Casaleggio che fino a oggi è stata ampiamente maggioranza tra gli eletti a 5 stelle. La linea del no a qualunque dialogo con i vecchi partiti, la strategia che prevede di distruggere il Pd ed ereditarne i voti. «Tra noi e Berlusconi ne resterà uno solo, come Highlander», è stato il tormentone di Grillo nella campagna per le ultime comunali di primavera. In quella occasione gli è andata parecchio male, ma l’obiettivo resta quello: le urne al più presto per lucrare sulle difficoltà del Pd dopo questi difficili mesi al governo con il Pdl.
E tuttavia, anche in queste ore nell’universo grillino la discussione si è aperta. Molti sono consapevoli che un Cavaliere in versione eversiva rappresenta un pericolo reale per la democrazia. E non vogliono chiamarsi fuori per la seconda volta. Meno che meno sentirsi responsabili di un nuovo «regalo» a Berlusconi.
«Dobbiamo spingere il Pd ad abbandonare il Pdl. Adesso basta con la melina, l’Italia ha bisogno di un governo per ripartire più giusta e onesta», ha scritto ieri su Facebook il senatore siciliano Francesco Campanella, uno dei dissidenti storici, uno di quelli che aveva votato Grasso e si era battuto contro l’espulsione di Adele Gambaro. Nelle ultime settimane questa pattuglia, che al Senato conta su una quindicina di parlamentari e altrettanti alla Camera, ha abbassato radicamente i toni. Ma è chiaro che, in caso di una crisi di governo, la loro voce è destinata farsi nuovamente sentire. Paolo Flores d’Arcais, in una lettera agli eletti M5S, lancia l’idea di un «governo provvisorio di legalità repubblicana» guidato da Rodotà o Zagrebelsky, per mettere la parola fine al berlusconismo. Gli ortodossi però non sento- no ragioni. Le aperture al Pd vengono vissute come semplici mosse tattiche per mettere in imbarazzo i democratici. L’obiettivo dichiarato, in caso di crisi, è un governo a 5 stelle su 5 punti, con i voti da raccogliere in Parlamento, senza un accordo di maggioranza precostituito. Roberto Fico, presidente della Vigilanza Rai, precisa: «Non pensiamo a un governo tecnico, nel caso chiederemo un incarico per un esponente del nostro movimento. Gli altri due partiti principali hanno già governato in questa legislatura e si sono dimostrato del tutto insufficienti. Nessun accordo col Pd, se Napolitano ci dà l’incarico ci cerchiamo i voti in Parlamento: sei mesi e poi si vota». Niente Rodotà, insomma.
Una prospettiva decisamente inverosimile. E i grillini lo sanno benissimo. Tra l’altro, nonostante questo ipotetico governo abbia come perno la nuova legge elettorale, tra i 5 stelle l’argomento resta decisamente ostico. Non esiste una proposta per superare il Porcellum, se non una bozza generica che prevede la reintroduzione delle preferenze, le liste pulite e il tetto dei due mandati. Il Mattarellum? Viene usato solo in modo strumentale, perché sanno benissimo che il maggioritario li penalizzerebbe.
Insomma, i grillini restano abbarbicati sull’Aventino. E tuttavia il clima di queste ore dimostra che, in caso di crisi, la telenovela a 5 stelle è destinata a ripartire. La posta in gioco stavolta è troppo alta. E anche ai piani alti ci si pongo- no molte domande. L’oltranzismo di Casaleggio, ad esempio, comincia a preoccupare anche Grillo. Non è un caso che il guru, qualche giorno fa, abbia sentito il bisogno di uscire allo scoperto con al- cune interviste: «Un accordo col Pd? Uscirei dal movimento. Al governo dobbiamo andarci da soli col 51%». Una tesi che suscita più di un dubbio. E molti parlamentari, soprattutto i dissidenti, sono certi che non saranno ricandidati.

l’Unità 04.08.13