«Le cose da fare sono importanti non solo dal punto di vista sociale, ma anche economico, perché se non si risolvono problemi strutturali del sistema noi qui mettiamo solo delle pezze».
Carlo Dell’Aringa, sottosegretario al Lavoro, esprime così le sue preoccupazioni sulle fibrillazioni politiche di questi giorni. L’eredità lasciata a questo governo è pesantissima: Iva, Imu, Cig e esodati sono tre punti cardine su cui si giocherà la partita della ripresa. Il governo punta a stanziare ancora un miliardo per la cassa in deroga e ad allargare la platea degli esodati entro settembre: il tempo stringe. In ballo c’è la tenuta dei redditi di centinaia di migliaia di famiglie. «Quelle coinvolte dal trattametno della cig in deroga nell’anno sono circa 500mila, di queste circa un terzo rischia di restare fuori senza il rifinanziamento richiesto oggi dalle Regioni». La questione sociale «deve stare al primo posto», continua il sottosegretario. Tradotto: deve prevalere sugli interessi politici di breve periodo. l’impoverimento delle famiglie c’è senza ombra di dubbio. «Chi entra in cig in deroga subisce una decurtazione reale del 30% circa del salario, considerando il fatto che perde anche le parti accessorie», spiega Dell’Aringa per sintetizzare in un numero lo spettro della nuova povertà.
Signor sottosegretario, le somme mobilizzate sono gigantesche. Monti aveva stanziato un miliardo, Letta un altro e ora si richiede un altro miliardo e 300 milioni. La cig in deroga vale quasi quanto l’Imu prima casa. C’è stata una vera esplosione.
«Sì, vale la pena però specificare le cifre e comprendere le ragioni di questa esplosione. Il miliardo stanziato dal governo letta a giugno nella sostanza si è ridotto a 500 milioni, perché circa 250 milioni sono stati utilizzati dalle Regioni per pagare gli arretrati del 2012, e altri 280 circa sono erano riprogrammazioni di fondi Ue destinati a 4 Regioni del Sud, che hanno preteso quindi che quelle somme fossero destinate esclusivamente a loro»
Quando si potrà stanziare il miliardo e 300 milioni richiesto?
«Non aspetteremo la legge di Stabilità: si farà entro settembre. Per quel mese dovrà essere pronto anche il decreto sui criteri di concessione che stiamo preparando. È un passo importante, da concordare anche con sindacati e Regioni, per rendere più stringenti i vincoli per l’erogazione e più omogenei sul territorio. Va ricordato infatti che i disavanzi denunciati dalla Regioni a inizio anno non erano omogenei sul territorio: c’erano alcune amministrazioni in disavanzo pesante, come per esempio la Calabria, e altre addirittura in attivo ».
Come sarà strutturato il decreto?
«Il testo prevede una serie di una causali per la richiesta dell’ammortizzatore, e definisce le tipologie di soggetti e di imprese che possono accedere. Inoltre stiamo lavorando sulla durata: questi ammortizzatori devono restare nell’ambito di un anno perché vanno a morire per essere sostituiti dai fondi di solidarietà, cioè quei fondi alimentati dalle aziende che serviranno a finanziare le cig a quei soggetti che non ce l’hanno».
I motivi dell’ esplosione di cig in deroga?
«Beh, sicuramente la crisi gioca un ruolo importante. Ma non c’è solo quello. Il fatto è che progressivamente questa deroga è stata utilizzata anche per la mobilità in deroga, che viene erogata a tutti i settori che non hanno la mobilità ordinaria. Ricordo che nel caso di mobilità si tratta di lavoratori licenziati, che restano disponibili a lavorare e a cui viene riconosciuto un trattamento economico pari all’8 O% della retribuzione base. A questo punto con questi fondi si è fatto fronte alla
cig in deroga, alla mobilità in deroga (cioè riconosciuta alle aziende piccole, che tradizionalmente non ne avevano titolarità) e anche a chi ha esaurito la mobilità, cioè le grandi imprese che entrano in crisi di lungo periodo e consumano prima la mobilità ordinaria e poi quella in deroga. Una platea sempre più ampia, che senza dubbio invece va specificata meglio».
Certo non si potrà continuare a spendere così tanto.
«Infatti la nostra preoccupazione oggi dev’essere quella della ricollocazione. Dobbiamo pagare per il lavoro, non per la disoccupazione. Per questo abbiamo previsto incentivi a chi assume persone disoccupate, destinando alle aziende che assumono la metà dell’indennità residua del lavoratore. È vero che se l’attività si riduce, è difficile che si assuma. Ma in alcuni casi si ottiene qualcosa con buoni servizi e con incentivi».
da L’Unità