Con la mobilitazione di tutte le truppe delle televisioni, dei quotidiani e dei siti Internet. In testa, naturalmente, c’è l’ammiraglia, il Tg5, l’unico telegiornale italiano che all’ora di pranzo ha trasmesso il video integrale del Cavaliere, il messaggio al Paese del condannato. Anche se era già stato trasmesso la sera prima da tutte le tv. Anche se durava nove minuti, che per un telegiornale è un’eternità. Anche se quasi tutti l’avevamo visto, in tv o su Internet. Neanche il
Tg4, l’ex pulpito di Emilio Fede, s’è spinto fino a tanto, anzi l’ha sintetizzato in 20 secondi, mentre il tg di Italia Uno l’ha diligentemente condensato in due minuti. Ma il tg di Clemente Mimun deve aver sentito il dovere di scendere in campo, partecipando alla sua maniera alla prima incursione dei bombardieri mediatici. «Eccovi il lungo e a tratti drammatico messaggio…».
Poi all’ora di cena ha fatto il bis. Ancora il videomessaggio, asciugato solo di un paio di minuti, seguito dal commento di un osservatore indipendente (Sallusti, direttore del Giornale) e preceduto dalle dichiarazioni di alcuni po-litici, tutti casualmente del Pdl («Siamo fieri di averlo come nostro leader»). Titolo
di apertura, letto da una Buonamici con gli occhi lucidi: «Tra gli applausi Berlusconi annuncia ai suoi parlamentari: siamo pronti anche alle elezioni».
Dalle sue tv e dai suoi giornali, Berlusconi viene trattato come un condottiero ferito, ma solo di striscio, da un colpo a tradimento, e già pronto – vero eroe – a tornare alla carica. «Berlusconi ha mantenuto la sua promessa: resterà in campo» annuncia la conduttrice del
Tg4.
E il cronista sintetizza la giornata come se parlasse di una sconfitta del Milan in campionato: «Chi pensava alla resa di Silvio Berlusconi si è sbagliato. Anzi, lui stesso ha annunciato che si riparte». Nessuno, diciamo la verità, si meraviglia davvero che i telegiornali del Cavaliere difendano così il loro editore e proprietario: dopo 19 anni, ci abbiamo fatto l’abitudine. Ma a leggere bene gli editoriali, ad ascoltare con attenzione i titoli e le cronache dei telegiornali, ci si rende conto che stavolta non è scattata una semplice solidarietà aziendale, attorno a Berlusconi: c’è del metodo, in questa idolatria. Uno schema semplice, in tre mosse facili. Primo, cancellare i fatti. Secondo, trasformare il condannato in una vittima. Terzo, preparare il popolo alla Nuova Rivoluzione.
Si comincia all’alba, dalle edicole. Sul Foglio Giuliano Ferrara argomenta meglio il suo commento giuridico a caldo («Sentenza vile e cazzona»). È lui che si incarica di dichiarare il verdetto definitivo della Cassazione, una condanna a quattro anni di carcere per frode fiscale, «politicamente e civilmente nullo». Non c’è, nel suo articolo, un solo argomento che faccia riferimento alla legge. La sua tesi è che nessun magistrato avrebbe mai dovuto permettersi di condannare il leader del Pdl, infliggendogli «un divieto di fare politica inteso come divieto legale stabilito da una casta di magistrati tecnicamente irresponsabili». Perché? Perché Berlusconi gli italiani l’hanno votato, e dunque «di fronte a quello che conta, storia e sovranità popolare, una sentenza simile è politicamente e civilmente nulla». Che poi Berlusconi abbia frodato il fisco, come la sentenza ha definitivamente stabilito, è per Ferrara un dettaglio del tutto secondario e anzi insignificante.
A dipingere il condannato come una vittima ci pensa poi
Il Giornale, il quotidiano di famiglia. «Ci hanno messo 18 anni, ma alla fine l’hanno braccato» scrive Sallusti, come se parlasse di Robin Hood. L’hanno preso in trappola «con la malafede e con l’imbroglio», l’eroe di Arcore. E Vittorio Feltri, sotto l’eloquente testatina “L’ingiustizia”, annuncia che «la democrazia è stata per la prima volta decapitata in un tribunale ». Per chi avesse ancora qualche dubbio, il sito del quotidiano riassume così: «Caccia al Cav.».
Libero si incarica invece di annunciare la riscossa: “Risorgerò”, titola a tutta pagina, raffigurando Berlusconi come Cristo che resuscita, con l’aureola e il bastone del comando. Poi, sopra il testo integrale del videomessaggio del profeta, «in tv con la voce rotta», un titolo che rassicura gli aficionados: “Forza Italia, resto in campo”. Spiega il direttore Belpietro: «Il capo del centrodestra potrebbe candidare la figlia primogenita e provare a rivincere le elezioni, oppure affidarsi a Napolitano sperando nella grazia». Se può risorgere, può fare anche i miracoli.
Poi, per tutta la giornata, i telegiornali Mediaset si incaricheranno di colorare le immagini di un condottiero che “detta la linea” ( Studio Aperto) e non si perde d’animo neanche davanti a un ordine di carcerazione, di un Pdl che «fa quadrato attorno al suo leader» e «pensa a una grande manifestazione in suo sostegno» ( Tg4).
All’ora di cena, il Tg5 arriverà a chiamare in ballo Marx, paragonando la tempesta giudiziaria che travolse il pentapartito alla sentenza che ha abbattuto Berlusconi: «Lui diceva che la storia si ripete due volte, la prima volta in tragedia, la seconda in farsa: si sbagliava, anche stavolta è stata una tragedia». E ti pareva che ne avesse azzeccata una, quel comunista.
La Repubblica 03.08.13