Piccoli pescatori sono contenti: il mare sembra la vasca di un grande allevamento. Milioni di piccoli cefali, di paganelli e di altri pesci nuotano nell’acqua alta appena due spanne e i bambini li inseguono con i loro retini. Sembra una festa ma invece è un’agonia. I pesci sono a riva perché cercano l’ossigeno. E se non lo trovano rischiano di morire, come è successo a milioni di altri pesci, su questo litorale piatto che parte dal delta del Po e arriva fino alle dighe del porto di Ravenna. Li hanno portati via con i camion, i pesci morti per asfissia. Milioni di cannolicchi, granchi e anche anguille. La strage è cominciata lunedì, quando si è alzato il vento di libeccio, dalla terra verso il mare. E potrà ripetersi perché il caldo — una delle cause della morìa — crescerà ancora per almeno una settimana.
Fa impressione, il mare che uccide i suoi pesci. «I banchi si spingono fin quasi a toccare la spiaggia — dice Attilio Rinaldi, biologo del Centro ricerche marine di Cesenatico — perché il fondale basso permette un contatto migliore dell’acqua con l’atmosfera e quindi l’ossigenazione. Ma la situazione è a rischio. Il libeccio è come la catena di un nastro trasportatore. Spinge al largo le acque superficiali e porta a riva quelle del fondale, che adesso sono anossiche — senza ossigeno — e costringono i pesci a boccheggiare a riva». Altre volte tratti di battigia sono stati coperti da pesci morti. Ma all’inizio della settimana la morìa ha investito 50 chilometri di spiaggia e nessuno ricorda una strage simile.
«C’era un odore terribile, non si riusciva nemmeno a prendere il sole», dice Stefano Malservisi, titolare del bagno Serena di Pomposa. «Frequento questo mare da 40 anni, una cosa così non l’avevo mai vista. All’inizio qualcuno ne ha approfittato. C’erano le anguille ancora vive che si spingevano sulla sabbia e tante sono finite nelle grigliate. Già martedì e mercoledì sono arrivati i camion e hanno portato via i pesci morti. Ma basta guardare il mare per capire che il pericolo non è finito. Ci sono quei milioni di pesci vicino alla riva che meriterebbero una medaglia, perché cercano di adattarsi e di sopravvivere. I bagnanti sono arrabbiati, non con noi ferraresi che siamo attenti all’ambiente ma con chi nella Valpadana continua a buttare di tutto nel Po».
Sono belle, le spiagge dei lidi ferraresi. Dove non sono state costruite migliaia di villette e di condomini, le campagne con patate, barbabietole e mais arrivano quasi alle spiagge. «Il Po — raccontano Attilio Rinaldi e Carla Rita Ferrari, che dirige la struttura oceanografica
Dafne dell’Arpa Emilia Romagna — è la nostra ricchezza e il nostro problema. Quest’anno “butta” troppa acqua, 1.000 metri cubi al secondo contro i 400-500 degli altri anni in questo periodo.
L’acqua dolce è più leggera di quella salata e diventa un “coperchio” che impedisce il contatto tra l’acqua del mare e l’atmosfera. Il grande fiume porta poi azoto e fosforo che provocano la fioritura di micro alghe e così l’acqua diventa verde, marrone o rossa, dipende dal tipo di alghe. Non è un fenomeno che interessa solo la riva: l’acqua è “colorata” per almeno due chilometri davanti a tutta la costa ferrarese. Dopo la fioritura, le micro alghe scendono sul fondo, vanno in decomposizione e sottraggono ossigeno».
Fra Porto Garibaldi e la punta dell’Istria la profondità massima è di 40 metri. E allora il mare può gelare, come è successo nel febbraio 2010, facendo morire le alaccie, arrivate pochi anni prima dal Mediterraneo del Sud. O può diventare una pentola calda, come nel 1989, quando migliaia di chilometri quadrati di Adriatico furono coperti dalla mucillaggine. Anche adesso c’è un sole che spacca: la temperatura del mare, davanti a Porto Garibaldi, è arrivata a 30 gradi. Caldo, fioritura di alghe ed eccesso di acque dolci provocano danni anche in altri pezzi d’Italia: migliaia di pesci sono morti nello stagno di Santa Giusta, nel cagliaritano.
Chi è in ferie sui lidi, cerca di fare finta di nulla. Il turismo qui è popolare ed era già in crisi prima della morìa. Sono migliaia i cartelli che annunciano “Affittasi” proprio per agosto, quando “vent’anni fa bisognava prenotare un anno prima. Chi ha già pagato per 7 o 14 giorni, non ha certo i soldi per andare su altre spiagge. Verso sera, un comunicato annuncia che il mare che uccide i pesci può fare male anche agli umani. Troppi “enterococchi intestinali”, nei lidi Scacchi e Porto Garibaldi, proprio dove c’erano «molti cannolicchi morti». Per 48 ore, “Divieto di balneazione”. I bagnini fanno uscire i villeggianti dall’acqua. Possono soltanto restare sulla riva, a guardare i pesci che cercano di sopravvivere.
La Repubblica 03.08.13