Dall’esenzione totale dell’Imu, in grado di assicurare un risparmio medio di 227 euro ma dall’impatto fortemente regressivo: beneficio di 629 euro per chi ha un reddito oltre 120mila euro che si riduce drasticamente a 187 euro di media se il contribuente ha un reddito fino a 10mila euro. Alla rimodulazione dell’esenzione Imu sia in misura fissa che in via selettiva. Dove a fare selezione le strade individuate spaziano dal valore dell’immobile, alla condizione economica del proprietario parametrata al suo reddito, o ancora alla condizione economica dell’intero nucleo familiare misurata con il ricorso all’Isee.
Ma c’è anche il superamento dell’Imu con l’arrivo della service tax, o l’applicazione dei valori Omi per calcolare l’imponibile Imu. Sul tavolo anche la restituzione dell’Imu sull’abitazione principale parziale o integrale con un credito d’imposta o una detrazione da spendere ai fini Irpef. Senza dimenticare il capitolo imprese con la deducibilità dell’Imu pagata su capannoni, botteghe e aree edificabili ai fini dell’Ires e dell’Irpef in grado di assicurare risparmi immediati per 432mila soggetti per un totale di 1,250 miliardi che potrebbe salire a 1,5 miliardi se la deducibilità verrà estesa anche all’Irap (si veda il servizio a pagina 2). Tutto riassunto in oltre 90 pagine di dati, numeri e tabelle con tanto di commenti tecnici e di analisi di fattibilità dei possibili interventi indicati dal ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, su come potrà essere riscritta la tassazione immobiliare.
È il documento di lavoro predisposto dal Mef e su cui tecnici dell’Economia e forze politiche si stanno confrontando in questi giorni per arrivare a una sintesi “condivisa” di tutte le possibili ipotesi entro la fine di questa settimana ad illustrare ed esaminare in un nuovo appuntamento della cabina di regia tra Governo e maggioranza alla presenza del Premier Enrico Letta. L’obiettivo è quello di arrivare a scrivere i principi della riforma prima di Ferragosto. Ma se le distanze non dovessero ancora ridursi scatterebbe un intervento in due tappe: per l’8 agosto, prima della pausa estiva, o al massimo per il 26 agosto il varo di un decreto con le coperture per chiudere la partita Imu 2013, con la cancellazione dell’acconto e dunque della clausola di salvaguardia che prevede il pagamento dell’Imu di giugno entro il 16 settembre e la modifica del saldo di dicembre; con i saldi definiti nella legge di stabilità sarà poi definita la riforma vera proria con il possibile arrivo della service tax e la deducibilità dell’Imu per le imprese a partire dal 2014.
Il dossier che si continua ad arricchire alla luce delle indicazioni e dei chiarimenti di questi giorni rappresenta di fatto il piano del Governo sulle possibile configurazioni della riforma delle tasse sulla casa. A partire dal prelievo sull’abitazione principale. In questo campo i tecnici dell’Economia hanno messo sul tavolo almeno 8 differenti ipotesi per ridurre e rimodulare il prelievo sull’abitazione principale. Un pacchetto di interventi che vanno da un costo di 2 miliardi con esenzioni selettive sulla base delle rendite, del reddito o dell’Isee (che potrebbero incontrare i favori del Pd e di Scelta civica) a un massimo di 4 miliardi di euro con la cancellazione totale del prelievo (che viene invocata a gran voce dal Pdl).
La cancellazione tout court del tributo sull’abitazione principale avrebbe dalla sua un’estrema semplicità di esecuzione. Ma, come spiegato in precedenza, presenterebbe effetti negativi soprattutto in termini di equità andando a premiare prevalentemente i contribuenti con redditi più alti. Lo stesso rischio non verrebbe corso se si privilegiasse una rimodulazione del prelievo. Specie se in misura variabile in base a uno dei parametri presi in considerazione. Ognuno di essi ha i suoi pro e i suoi contro come illustrato nelle schede qui accanto. Puntare solo su un aumento della detrazione collegata alla rendita catastale andrebbe a vantaggio dei proprietari dei beni di minor valore ma penalizzerebbe i piccoli municipi. Viceversa spingere sul pedale dell’Isee e modulare il tributo sulla base del numero di figli lo renderebbe sì più progressivo ma costringerebbe i contribuenti a un supplemento di adempimenti. Stesso discorso per un eventuale sconto parametrato al reddito (ad esempio dai 55mila euro in su) che rischierebbe di premiare gli evasori o incentivare comportamenti elusivi. Senza dimenticare però la service tax, che è tornata di moda di recente per risolvere anche il rebus sulla Tares, oppure una new entry suggerita dal Mef: restituire l’Imu versata ai Comuni sotto forma di credito d’imposta o detrazione da spendere ai fini Irpef ricevuti dallo Stato. Nella consapevolezza che, a prescindere da come la si guardi, la coperta dell’Imu appare comunque coperta. Ed è per questo che l’Esecutivo e la maggioranza sono chiamati a fare delle scelte a stretto giro.
Il Sole 24 Ore 30.07.13