Questione di soldi, di tagli e di bilanci, ma non solo: nel rapporto fra i Comuni italiani e il governo la tensione si taglia con il coltello. I sindaci non ci stanno a coprire il «buco» da 700 milioni aperto nelle casse dello Stato per mancati introiti da Imu, e Piero Fassino, primo cittadino di Torino e presidente dell’Anci denuncia «l’inaccettabile neocentralismo statale che si ostina a considerarci come un parassitario centro di spesa, mentre invece eroghiamo servizi, asili nido, assistenza sociale, sostegno ai disabili, trasporti locali, cultura».
Presidente, cominciamo dai soldi: lei ha detto che allo stato attuale i Comuni non sono in grado di presentare i loro bilanci. Alla scadenza, il 30 settembre, mancano meno di due mesi. Cosa si rischia?
«I Comuni rischiano di saltare, ma se saltano loro salta il Paese».
I bilanci a rischio dipendono dalle indecisioni sull’Imu?
«Non solo: non sono particolarmente interessato al referendum Imu sì-Imu no, l’essenziale per me è che i Comuni ricevano il 100% del corrispondente delle entrate spettanti. L’incertezza pesa, ma in questi giorni c’è un’emergenza più grave: lo Stato ha incassato 700 milioni in meno della sua quota Imu e adesso pretende che gliela diamo noi. Ma questa volta non pagheremo l’ennesima fattura arrivata dall’alto ».
Stato ed enti locali non dovrebbero collaborare nel sanare i conti pubblici?
«La nostra parte l’abbiamo sempre fatta e vogliamo continuare a farla: da 12 anni sopportiamo decurtazioni ai trasferimenti. Il governo Letta ha ampliato i tagli già previsti dal governo Monti, passando da 2 a 2,25 miliardi. Già nel 2012 avevamo percepito 700 milioni in meno rispetto alle previsioni sulle quote spettanti da Imu. Solo negli ultimi quattro anni abbiamo perduto 8 miliardi di trasferimenti: in vecchie lire farebbero 16 mila miliardi. Non solo: fatta 100 la spesa pubblica, 58 fanno capo allo Stato e meno di 15 sono imputabili ai Comuni. Stiamo dando molto più di quanto riceviamo: la novità è che non possiamo più farlo e che non siamo più disposti ad accettare un metodo di lavoro che ci indigna e offende».
Quale metodo?
«Negli ultimi 18 mesi, i governi prima Monti, poi l’attuale – hanno varato 16 decreti che ci riguardano, costringendo ogni volta i sindaci a rifare i bilanci. E questi decreti, colmi di norme che pretendono di spiegarci come governare, sono scritti da persone che non hanno idea di com’è fatto un Comune e che danno l’impressione di non saper amministrare nemmeno un condominio. Loro non ci mettono la faccia, noi sì, siamo stati eletti dai cittadini e a loro rispondiamo. Chiediamo al governo un incontro urgente».
Cosa volete?
«Intanto che venga annullata la richiesta di versare allo Stato i 700 milioni che non abbiamo mai percepito. Poi vogliamo uscire dalla prigione del Patto di stabilità interno: non riusciamo a fare nemmeno la manutenzione ordinaria e il Paese ha assoluto bisogno dei nostri investimenti. E vogliamo riscrivere il patto istituzionale: non siamo più disposti ad accettare che lo Stato centrale decida su cosa che ci riguardano senza nemmeno ascoltarci. Parliamone alla pari».
La Repubblica 28.07.13