Le buone notizie congiunturali-previsive sull’inversione di tendenza della decrescita europea vanno prese con soddisfazione ma anche con cautela e vanno sempre collocate nelle prospettive e nelle valutazioni strutturali di medio-lungo termine. Anche perché, come vedremo, spesso non ci troviamo di fronte ad un passaggio alla crescita ma solo ad un rallentamento della decrescita. Per questo, per noi, è tuttora difficile pensare che la grande crisi che la Uem sta vivendo dal 2008, anche a causa di politiche economiche sbagliate, si stia risolvendo da sola. Non vorremmo che qualcuno tragga dai sintomi la conclusione che le politiche del rigore fiscale, non controbilanciate da investimenti europei in partenariato pubblico-privato (su cui ci sono progetti importanti elaborati dalla Commissione europea), siano state e siano la ricetta giusta. A meno che ci si accontenti di una crescita di lungo periodo del Pil sotto l’1% annuo e con una disoccupazione al 10%, associata ad un crollo nel tasso di attività che andrebbe ad incidere pesantemente sui bilanci pubblici.
Consideriamo tuttavia le odierne, buone, notizie sull’economia reale e sul credito. Un binomio inscindibile per una ripresa durevole.
L’economia reale. Gli indici di Markit con le previsioni Flash Pmi (Purchasing Managers Index) sull’Eurozona sono affidabili in quanto costruiti con metodologie serie su un campione di 5mila aziende della Uem. Quelli odierni danno notizie in prevalenza di miglioramento circa la produzione (indice composito della manifattura e del terziario) e su un’altro indice composito (più ampio) per il solo manifatturiero. L’indice composito della produzione, che è una media tra quello della manifattura e quello del terziario, è arrivato ai suoi massimi da 18 mesi superando la soglia di 50 che rappresenta il passaggio dalla contrazione all’espansione. Quello composito più ampio per il solo manifatturiero, che è molto importante combinando vari indicatori parziali (ordini, produzione, occupazione, tempi di consegna dei fornitori, giacenze), è passato dal 48,8 di giugno al 50,1 di luglio che è un massimo da 24 mesi. Anche l’indice degli ordinativi del manifatturiero è cresciuto per la prima volta dal maggio del 2011 trainato però dal mercato estero. È noto, infatti, (e non c’è bisogno di indicatori) che il mercato interno rimane molto debole.
Il terziario non ha invece superato il livello 50. L’indice degli ordinativi ha proseguito la discesa ma ad un ritmo molto rallentato rispetto ai mesi precedenti. Tuttavia anche per questo settore le aspettative sui prossimi mesi sono migliorate raggiungendo il livello più alto dall’aprile 2012.
Guardando ai due più grandi Paesi della Uem si rileva che in Germania gli indicatori sono tutti in miglioramento con entità più o meno marcate. In Francia il calo della produzione ha rallentato con il manifatturiero in crescita e il terziario in calo ma a tassi più deboli. I Paesi periferici della Uem hanno continuato nei cali ma a velocità rallentata. Quanto all’Italia avremo i dati la settimana ventura.
Nel complesso si tratta di una situazione congiunturale con delle tenui luci previsionali che a nostro avviso vengono ulteriormente ombreggiate dal dato sull’occupazione. Perchè la discesa continua, né basta osservare che il calo dell’indice è stato il meno accentuato dal giugno del 2012 per i servizi e dall’inizio del 2012 per il manifatturiero.
Il credito
Anche la valutazione della Bce sul credito bancario lascia intravedere, nella maggior parte delle interpretazioni, segnali di miglioramento nel secondo trimestre dell’anno. Nel senso che, malgrado le banche continuino a tenere rigide le condizioni nei confronti delle imprese, va migliorando il credito alle famiglie. Fruitrici per le quali si prevede un ulteriore miglioramento per le prospettive nel mercato delle abitazioni (a nostro avviso molto incerte). Tuttavia il fatto che la domanda di credito per investimenti fissi delle imprese rimanga debole e che molte banche siano in situazioni difficili per fidi deteriorati e per carenze di capitale, non depone per una valutazione complessivamente rassicurante. Anche perché i previsti controlli della Bce e dell’Eba indurranno le banche ad essere molto caute fino almeno alla primavera del 2014.
In conclusione
Dal punto di vista della dinamica di medio-lungo termine non bisogna mai dimenticare il 2013 sarà il terzo anno con decrescita nella Uem dal 2008 mentre negli altri tre anni la crescita non ha mai superato il 2%. A sua volta la disoccupazione è passata dal 7,6% del 2008 al 12,2% attuale. Siamo troppo distanti da una crescita vicina al 3% e da una disoccupazione intorno all’8% com’era stati nel 2006 e nel 2007. Le previsioni macroeconomiche dicono che dopo il calo dello 0,7% del Pil di quest’anno, la Uem crescerà dello 0,8% nel 2014 e dell’1,3% nel 2015. Meglio che calare, ma poco in confronto ad Usa e Giappone che potrebbero andare ad una crescita del Pil vicina al 3% con una disoccupazione sotto il 7% (per gli Usa) e vicina al 4% (per il Giappone). Strano, visto che non pochi giudicano sbagliate (basandosi prevalentemente sul rapporto tra il debito pubblico e il Pil) le loro politiche. L’uscita dalla recessione della Uem, che forse è vicina, non significherebbe quindi ripresa di una vera crescita per la quale sono necessarie politiche espansive a livello della Uem nel suo insieme.
Il Sole 24 Ore 25.07.13