Il presidente del Consiglio Enrico Letta è molto attivo in questi giorni afosi che precedono la pausa estiva. Forse perché quest’anno le vacanze non presentano quel carattere ineluttabile che la tradizione suggerisce. Non c’è niente di veramente certo nell’Italia politica di oggi e si capisce che il premier abbia voglia di scuotere la maggioranza, anche per impedire che si produca uno “scollamento” rispetto all’attività dell’esecutivo. Si fa presto a ricadere nella sottospecie del “governo amico”, vale a dire una compagine che cammina per la sua strada senza essere sostenuta in modo convinto dai partiti dell’alleanza.
Questo non è ancora il caso del governo Letta. Ma il presidente del Consiglio è consapevole che il rischio esiste e che le prospettive delle larghe intese poggiano in buona misura sulla sua personale leadership, sulla sua capacità di prendere iniziative e di trasmettere messaggi convincenti all’opinione pubblica. La sonnolenza estiva della maggioranza e la perdita di coesione sono pericoli dietro l’angolo e solo il premier può esorcizzarli. Ma è una fatica quotidiana di non poco conto, anche perché i limiti delle forze politiche sono sotto gli occhi di tutti: le priorità di Pd e Pdl sono altre e hanno a che vedere con i problemi interni dei due partiti. A maggior ragione, Letta fa bene a tenere sotto pressione i suoi partner e a battere qualche pugno sul tavolo: anche sfidando l’ostruzionismo dei Cinque Stelle. Forse nel prossimo futuro dovrà farlo di più. Così come dovrà trovare il coraggio per qualche colpo d’ala che vada oltre la politica del mero buon senso.
Ad esempio ieri il premier ha parlato a lungo contro l’evasione fiscale: un cavallo di battaglia di molti governi, benché poi l’esito finale di queste battaglie sia sempre in chiaroscuro. Forse avrebbe dovuto rendere più esplicito qualche strumento innovativo nella lotta all’evasione, non solo in chiave repressiva: magari quel “contrasto di interessi” che trasforma i cittadini nei primi alleati dello Stato perché vi trovano la loro convenienza economica. Sul finanziamento pubblico ai partiti Letta è riuscito a essere coraggioso. Dovrebbe esserlo anche in altri campi perché non sempre il richiamo di tipo morale al senso civico dei cittadini basta per ottenere un risultato.
Detto questo, è chiaro che il dibattito pubblico è frenato dall’attesa per la sentenza della Corte di cassazione. Fino a quando non si conoscerà la parola definitiva sul destino di Berlusconi si resta in una sorta di limbo. Poi si vedrà. Il presidente della Repubblica ha ribadito con chiarezza al “Corriere” che non intende sciogliere le Camere o cambiare maggioranza (peraltro non ce n’è un’altra a disposizione) visto che l’iter esporrebbe il paese a rischi troppo gravi. E il presidente del Senato ha ripreso un punto che sta a cuore al Quirinale: la necessità di non destabilizzare la vita politica a causa di una vicenda giudiziaria. Messaggio rivolto a Berlusconi, ovviamente, ma che riguarda anche i suoi avversari politici.
Sotto questo aspetto la Cassazione segnerà una discriminante. Ci sarà un prima e un dopo. In molti avranno la tentazione di usare la sentenza, quale essa sia, per gettare un grosso macigno nello stagno governativo. E dunque Letta fa bene a darsi da fare sfidando la calura. Marciare di buon passo è l’unico antidoto contro i fattori corrosivi che certo non mancano nella coalizione.
Il Sole 24 Ore 25.07.13
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