“Il ritornello dei fucili”, di Filippo Ceccarelli
Passi per il bastone, che è il cuginetto più generico e meno rustico del già invocatissimo forcone, ma anche questa storia dei fucili, purtroppo, suona abbastanza famigliare. La chiamata alle armi è infatti un classico della Seconda Repubblica. E il fatto che Bossi, massimo specialista in materia pseudo- bellica, sia oggi ridotto com’è ridotto, aiuta senz’altro ad approfondire e forse anche a comprendere tale rischiosa retorica, ma certo non consola né, pur facendo un po’ ridere, allarga l’orizzonte del buonsenso. Era comunque il 1992 quando il leader della Lega, memore di una massima maoista orecchiata nella sua turbolenta giovinezza, proclamò che il potere nasceva dalla canna del fucile. Dopo di che, esclusa la Lega dalla spartizione delle vicepresidenze a Montecitorio, disse: «Prendete il moschetto, zaino in spalla e via!». Via dove, non era chiaro. Via come, almeno in teoria, parve appena più chiaro allorché l’allora (improvvido) ministro dell’Interno Mancino posticipò certe elezioni in Lombardia: «Cristo — inveì Bossi con il consueto garbo — ma allora questi capiscono solo i kalashnikov!». In seguito gli capitò di …