Il governo balbetta da un mese su una brutta storia di spie, petrolio e diritti umani negati. E il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha una lancia nel fianco di cui non riesce a liberarsi. Perchè è difficile andare davanti al Parlamento, che lo reclama da giorni, a spiegare perchè la questura e la prefettura di Roma hanno, in meno di 72 ore, impacchettato e messo su un aereo privato una donna di 46 anni (Alma) e la figlia di sei (Alua) e le ha consegnate al presidente kazako Nursultan Nazarbayen e al premier Serik Akmetov. Due nomi che non brillano per principi democratici e rispetto delle libertà. E il cui obiettivo primario, oltre alla gestione degli immensi giacimenti energetici che fanno gola a tutto l’occidente, è arrestare, in ogni modo e ovunque si trovi, il dissidente Ablyazov. Per l’appunto il marito e il padre di Alma e Alua.
UNA PISTA IN ISRAELE
Quella accaduta a Roma, in una villa di Casal Palocco, tra il 29 e il 31 maggio 2013 è una brutta storia che ormai il governo e gli apparti non riescono più a tenere nascosta. In Parlamento, tanto alla Camera quanto al Senato, fioccano le interrogazioni. Il primo ad alzare la voce è stato, il 5 giugno scorso, in aula, il senatore Cinque stelle Mario Giarrusso. Ieri il senatore Luigi Manconi (pd), presidente della commissione per i diritti umani, ha chiesto di nuovo che il «governo venga in aula a riferire il prima possibile su questa storia». Il prima possibile, per Manconi, significa «al massimo entro la settimana». Ma se su questa storia si sono fatti sentire dapprima una
furibonda ministro degli Esteri Emma Bonino e poi un’altrettanto furibonda Guardasigilli Anna Maria Cancellieri, tutto tace da Alfano che è il ministro che tutto dovrebbe sapere della faccenda. E che invece continua a tacere. Oppure a far veicolare versioni per cui «sarebbero tutto avvenuto a sua insaputa». Cioè, prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro, che Alfano voleva a capo della polizia; questore, capo della mobile e della Digos avrebbero agito in autonomia senza informare il livello politico di quello che accadeva tra il 29 e il 31 maggio in quel di Casal Palocco.
Ieri la storia è stata per la prima volta raccontata in una sede istituzionale, al Senato, dal senatore Manconi e dai due avvocati, Riccardo Olivo e Gregori Valente che hanno mostrato quei pochi documenti di cui sono riusciti ad entrare in possesso. Perché questo è il primo buco nero della storia: «Due persone su cui non pende alcuna accusa penale sono state prelevate da casa, perquisite e trattenute tre giorni senza poter vedere alcun legale e poi espulse in via amministrativa, poichè sprovviste di permesso di soggiorno. E di tutto questo denunciano i due avvocati non riusciamo ad avere accesso agli atti».
La storia può essere così riassunta. Su Ablyazov pesa da anni un mandato di cattura internazionale del Kazakistan per truffa, bancarotta e una lunga serie di reati economici. In realtà è il più grosso oppositore politico del presidente Nazarbayen, caro e grande amico di Berlusconi. Ablyazov, moglie e figlia hanno vissuto per anni a Londra. «Nel 2011 raccontano gli avvocati mostrando un documento della polizia di Londra le autorità inglesi hanno spiegato di non essere più in grado di garantire la loro sicurezza e che il livello di minaccia su di loro era diventato troppo alto». Inizia, nei fatti, una lunga latitanza, che tocca Lettonia, Francia, Svizzera. Da settembre 2012 Roma, Italia. Intanto un’agenzia di sicurezza privata, ingaggiata da una collegata di Tel Aviv, scopre che Ablyazov vive con la famiglia a Casal Palocco. Siamo al 28 maggio scorso. Quando un fax Interpol, di cui non c’è traccia, segnala a Prefettura e Questura dove andare a prelevare il dissidente.
QUATTRO IRRUZIONI
La prima irruzione è la notte tra il 28 e il 29 maggio. «Sembravano gangster ma invece erano poliziotti della questura di Roma, senza riconoscimenti, tesserini, nulla» raccontano gli avvocati. Seguono altre tre perquisizioni. Ablyazov non c’è. La moglie viene trattenuta tre giorni tra questura e Cie. «La bambina viene prelevata senza alcuna tutela aggiungono i legali la mattina del 31 maggio e portata a Ciampino dove su un aereo privato pagato dai kazaki l’attende la mamma».
Espulsione «illegittima» sulla base di «documentazione falsa» denunciano i legali. «Era entrata sottraendosi ai controlli di frontiera» filtra dal Viminale «e aveva con sè passaporti falsi». Quindi il decreto di espulsione è legittimo». Risulta dal fascicolo degli avvocati che i passaporti sono regolari (una della Repubblica Centroafricana e l’altro kazako). E che sicuramente Alma e la figlia, a prescindere dalle eventuali colpe del marito, erano in fuga da una minaccia più grande di loro.
Il nuovo capo della polizia Alessandro Pansa si insedia proprio il 31 pomeriggio, quando tutto si è già concluso. Un’operazione del genere non può essere stata condotta senza via libera dall’alto. Il ministro Alfano deve spiegare.
L’Unità 10.07.13