Il finanziamento dei partiti e dei movimenti politici rappresenta un punto cruciale del funzionamento di ogni democrazia. In Italia negli ultimi vent’anni attraverso i rimborsi elettorali sono state distribuite a tutti i partiti risorse pubbliche via via più ingenti e in assenza di controlli efficaci. Nel 2012 il Parlamento, di fronte all’indignazione suscitata dagli scandali Lusi e Belsito, ha approvato una riforma che ha dimezzato i rimborsi elettorali rafforzando molto la trasparenza e i controlli sui bilanci dei partiti. L’ondata populista alle elezioni politiche 2013, con il successo di un movimento che ha fatto della rinuncia ai rimborsi elettorali una bandiera, ha però evidenziato come il nodo del finanziamento dei partiti sia rimasto irrisolto.
Un intervento legislativo su questo tema è dunque necessario: la cosa peggiore che la politica potrebbe fare in questo frangente è lasciare le cose come stanno, facendo finta di nulla.
Una nuova legge deve riaffermare il principio che il funzionamento dei partiti – il modo con cui si finanziano, ma anche le loro regole interne – è un tema di interesse pubblico, che va regolato e orientato in modo da garantire democrazia, trasparenza, libertà da condizionamenti. Gli strumenti, per quanto riguarda il finanziamento, possono essere diretti (come avviene nella gran parte dei Paesi europei) o indiretti, ma le politiche pubbliche devono occuparsi di questa materia.
Il secondo obiettivo da perseguire è dare centralità ai cittadini nelle scelte di finanziamento e nella partecipazione alla vita dei partiti, per rilanciare soggetti che – pur rimanendo protagonisti insostituibili della nostra democrazia – oggi sono deboli e delegittimati come non mai.
Il disegno di legge presentato dal governo Letta non cancella affatto l’intervento pubblico: si superano i contributi diretti, ma si prevedono nuovi strumenti (il 2×1000, le agevolazioni fiscali rafforzate, il finanziamento di alcuni svizi) che impiegano le risorse statali valorizzando la li- bera scelta dei cittadini.
La proposta del governo lega l’accesso ai benefici fiscali al rispetto di una serie di requisiti di democrazia interna, in attuazione dell’articolo 49 della Costituzione.
Questo impianto – condivisibile nella sua impostazione di fondo – può essere migliorato e rafforzato dal Palamento, evitando polemiche strumentali e guardando al merito delle questioni.
Un primo punto, imprescindibile, è l’introduzione di un tetto massimo alle singole donazioni private, evitando di lasciare campo libero al potere di condizionamento dei grandi interessi economici.
Il sistema del 2 per mille va perfezionato, garantendo la massima privacy per i contribuenti e superando la logica «censitaria» insita nel meccanismo proposto dal governo (il 2 per mille di un operaio non è lo stesso di quello di un notaio!).
Il regime delle agevolazioni fiscali può essere reso più funzionale a una raccolta fondi diffusa: il credito di imposta è preferibile alle detrazioni (che penalizzano gli incapienti); le agevolazioni fiscali andrebbero ulteriormente rafforzate per le piccole donazioni di persone fisiche (nella direzione indicata dalla proposta di legge popolare promossa da Pellegrino Capaldo) e ridotte per le erogazioni liberali da persone giuridiche; sarebbe opportuno abbassare la soglia minima detraibile delle donazioni (attualmente fissata a 50 euro).
Il finanziamento indiretto (in servizi) è una novità interessante che andrebbe potenziata, valorizzando l’attività politica diffusa promossa non solo dai partiti, ma anche dalle liste civiche, dai comitati, dalle associazioni con finalità politiche.
La legge deve intervenire anche sulle fondazioni e associazioni politiche, stabilendo regole di trasparenza e meccanismi di controllo analoghi a quelli previsti per i partiti.
Tutte queste proposte – fattibili a parità di saldi finanziari – non mutano la filosofia del disegno di legge e non ne indeboliscono l’impianto. Al contrario, lo consolidano. La nuova legge sul finanziamento dei partiti va di- scussa e approvata in tempi certi. Lo stesso è auspicabile che avvenga per il provvedimento di regolamentazione delle lobby, che il governo ha annunciato ma non ancora varato. Il Paese chiede discontinuità e rinnovamento e a queste domande vanno date risposte concre- te. Le bandiere ideologiche, da qualunque parte esse vengano innalzate, sono un ostacolo. Mettiamole da parte, concentrandoci sugli obiettivi di fondo e sugli strumenti più efficaci per conseguirli.
L’Unità 10.07.13