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“Non sacrifichiamo le pensioni sull’altare dell’Imu”, di Cesare Damiano

I “piccoli passi” compiuti dal governo in direzione delle riforme sono oggetto, contemporaneamente, di apprezzamenti e critiche che provengono dagli stessi partiti che sostengono l’esecutivo. Dopo il decreto sull’occupazione, che ha cominciato il suo iter al Senato, è tempo di dedicarsi alle pensioni. La nostra non è una richiesta anticipata e precipitosa, ma l’espressione di una preoccupazione: che il governo collochi questa tematica all’ultimo posto nella lista delle priorità.
Il ministro Giovannini ha affermato che si comincerà a parlarne a partire dal prossimo mese di settembre. È evidente che, con questa scelta temporale, il provvedimento sulla previdenza andrà a finire nella legge di Stabilità. Sorge a questo punto un interrogativo sul tema delle risorse. Non vorremmo scoprire che esaurite le esigenze, anche parziali, di copertura finanziaria che si riferiscono agli altri provvedimenti, non rimanessero risorse sufficienti per intervenire sulle pensioni. Sappiamo che il governo intende risolvere, entro l’estate, i problemi dell’Imu e dell’Iva e che il ministro Saccomanni ha dichiarato che nel mese di giugno si è registrato un avanzo di bilancio provvisorio di ben 14 miliardi di euro, di 8 miliardi superiore rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Una buona notizia che si somma a quella relativa alle altre risorse che l’Italia ha strappato in sede europea, grazie al superamento della procedura di infrazione e all’allentamento dei vincoli che per fortuna l’Europa si è decisa ad adottare nel caso di spese per investimento. Nonostante tutto questo, non sfugge il fatto che allo stato esiste una notevole distanza tra le richieste avanzate dai partiti, soprattutto di centrodestra, e le risorse disponibili. Per questo occorre una ferma e prudente regia per quanto riguarda la distribuzione dei finanziamenti. Il Partito Democratico ha indicato con chiarezza le sue priorità: sostegno alle imprese e all’occupazione, in particolare di quella giovanile, rifinanziamento della cassa integrazione in deroga e correzione del sistema pensionistico. Questo non vuol dire che non vogliamo affrontare il temi dell’Imu e dell’Iva. Sul primo osserviamo soltanto che sarebbe delittuoso consentire la cancellazione del tributo sulla prima casa anche a chi ha un reddito alto, perché questo sottrarrebbe risorse agli impieghi di carattere sociale. Anche sull’Iva si può mantenere un criterio di carattere selettivo distinguendo, come già accade, tra consumi popolari e di lusso. Se si procede in modo oculato non si corre il rischio di arrivare a fine corsa avendo esaurito tutte le risorse. Nella commissione Lavoro della Camera la discussione è iniziata su alcune proposte di legge sulle pensioni presentate dai partiti di maggioranza e di opposizione: il Partito Democratico ne ha depositate due, delle quali sono il primo firmatario, già presentate nella precedente legislatura. Adesso si tratta di lavorare per arrivare ad una convergenza di contenuti almeno tra i partiti di maggioranza per poi trovare un accordo con il governo.
Il Presidente del Consiglio, al momento del suo insediamento, ha chiaramente dichiarato che tra le priorità dell’ esecutivo c’era la soluzione del problema dei cosiddetti esodati e l’introduzione di un criterio di flessibilità nel sistema previdenziale. Con le nostre proposte vogliamo dare una risposta a questi interrogativi e indichiamo anche le soluzioni legislative. Sappiamo che sono già all’opera i detrattori che vorrebbero impedire che si cambi la riforma Fornero. Gli argomenti che vengono utilizzati sono sempre gli stessi, periodicamente riverniciati. Si vuol far credere che noi vogliamo cancellare la riforma, mentre la nostra scelta è quella di una sua significativa correzione. Si tira in ballo il tema delle coperture finanziarie che si rendono necessarie per migliorare le normative dimenticando che, tra il 2020 ed il 2060, dal sistema previdenziale si risparmieranno oltre 300 miliardi di euro, come confermato dalla Ragioneria dello Stato. Un’ enormità che squilibra pesantemente le tutele sociali a scapito dei più deboli e che indica la possibilità di reperire risorse.

Le nostre correzioni sono note: ampliare la platea degli attuali 130.000 salvaguardati (finora l’Inps ha liquidato le prime 12.000 pensioni); consentire, con 62 anni di età, 35 di contributi e con una penalizzazione dell’8% (che scompare a 66 anni), di poter andare in pensione; riconoscere l’assegno previdenziale anche a chi ha maturato 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età e senza penalizzazioni. Su questi temi la nostra battaglia continua: per questo chiediamo con forza al governo di far seguire alle parole i fatti rendendo finalmente giustizia a centinaia di migliaia di lavoratori.

L’Unità 09.07.13

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