«Il Papa scuote le nostre coscienze e incoraggia chi dalle politiche dell’indifferenza vuole passare a quelle dell’accoglienza ». Cécile Kyenge parla con emozione. Del resto la parabola della prima ministra “nera” della Repubblica (come lei preferisce definirsi) racconta molto della nuova Italia multietnica: la sua storia parte da Kambove, nella provincia congolese del Katanga, e arriva a Roma in Largo Chigi 19, sede del ministero dell’Integrazione. In mezzo, un periodo da precaria, un impiego da badante, la professione di medico oculista, due giovani figlie e il matrimonio con Mimmo, ingegnere italiano.
Lei è arrivata in Italia nel 1983 e ha provato sulla sua pelle cosa significa vivere da “invisibile”.
«Sì anche io, dopo essere entrata con un permesso di studio, ho vissuto un periodo di precariato. Ora il Papa nel suo discorso ha parlato di fratellanza e ha rimesso al centro la persona, a prescindere dalla sua provenienza».
Quale valore ha per lei la vista del pontefice a Lampedusa?
«È un’emozione grandissima e indescrivibile. Il Papa ha fatto un regalo a chiunque si sia dedicato a questa causa, per una maggiore fraternità, uguaglianza e per una nuova convivenza. Il suo viaggio mi ha trasmesso molti messaggi e spunti da cui partire, anche per poter orientare la nostra ricerca di nuove politiche».
E cosa deve fare la politica per rispondere al richiamo di papa Francesco?
«Il suo è stato un segnale forte, un aiuto in un momento così importante, di cui gli sono molto grata. Credo che questo messaggio debba scuotere le coscienze di chiunque sieda all’interno delle istituzioni, me compresa. Per cominciare, dovremmo rivedere le nostre posizioni e il nostro approccio complessivo al fenomeno migratorio, abbandonare l’indifferenza e ritornare a una politica che sappia affrontare l’immigrazione nell’ottica dell’accoglienza».
A partire dall’introduzione dello ius soli?
«Certo, c’è bisogno di riflettere ancor di più su quello stiamo facendo, per ricercare una cittadinanza che sia vera ed esigibile».
Il viaggio del Papa la ripaga dei tanti insulti ricevuti in questi mesi?
«È sicuramente una grande soddisfazione e gioia. È il segnale di un’altra Italia. Ma non ne faccio una questione personale. Il messaggio del pontefice conforta quella che sembrava solo l’idea di pochi, a sostegno di una politica diversa, e responsabilizza ciascuno di noi».
Come giudica le critiche al Papa arrivate ieri dagli ascoltatori di
Radio Padania e da qualche amministratore leghista?
«Preferisco non commentare, ognuno risponde delle proprie
parole e azioni».
Il Papa si è rivolto anche agli immigrati musulmani.
«Del discorso di Francesco mi ha colpito il suo augurio per un buon inizio del Ramadan. Questo mi riempie di gioia perché è un passaggio importante, avendo come ministro la responsabilità del Tavolo interreligioso. La sensibilità del Papa verso quella religione, al pari di tutte le altre che nel mondo sono praticate, mi fa dire che solo il dialogo tra tutte le confessioni può essere un viatico utile per capire gli altri, far incontrare i diversi mondi, le diverse provenienze».
La repubblica 09.07.13