Quarantotto ore per tirare fuori i giovani italiani dal cono d’ombra in cui la crisi e la mancanza di prospettive li ha ricacciati. E accompagnarli verso un dignitoso percorso di formazione, stage o apprendistato. Una chimera? Piuttosto un piano concreto, allo studio del governo, per mettere in moto la Youth Guarantee, il programma europeo di sostegno all’occupazione dei giovani. Dopo le parole del Consiglio europeo di fine giugno, degli incontri di Roma e Berlino, è il momento dei fatti. Presa in carico, orientamento, formazione, tirocinio, mediazione per l’inserimento lavorativo o l’avvio di un’attività autonoma. Questo il modello operativo “chiavi in mano” che Isfol e Italia Lavoro, le due agenzie governative specializzate in materia, hanno elaborato e sottoposto all’attenzione del ministro Giovannini. E che già questa settimana sarà discusso con enti locali e Camere di commercio, la “cabina di regia” prevista dal recente decreto lavoro.
Un traguardo ambizioso che stavolta l’Italia non può fallire, a meno di buttare al vento i soldi dell’Europa: un miliardo subito, nel prossimo biennio, un altro mezzo miliardo dal 2016. I tempi stretti, la rete inadeguata, il personale in parte impreparato, la burocrazia rendono il percorso complicato. Mentre i ragazzi che non studiano, non si formano, non lavorano (“neet”) sono un milione e 300 mila fino a 25 anni, un milione in più fino ai 29. E la scadenza, fissata da Bruxelles, è alle porte: si parte il primo gennaio. Tra sei mesi.
Quarantotto ore, dunque: di orientamento (sei ore per tre giorni) e di formazione (sei ore per cinque giorni), si legge nella proposta Isfol. L’orientamento serve a fare un “bilancio delle competenze”, ovvero esaminare il curriculum, rilevare eventuali buchi nella formazione e individuare le azioni (tornare sui banchi, magari con corsi mirati, oppure puntare all’ingresso in azienda). La formazione, organizzata in moduli, fornisce invece competenze di base e trasversali. E prepara alla fase seguente, il cuore della Garanzia giovani: il tirocinio o l’apprendistato.
Un iter questo che molte Regioni già conoscono e che ha dato buoni frutti, specie al Nord. E che funziona grazie ai Centri per l’impiego, oggi gestiti dalle Province. «La
Youth Guarantee necessita di una rete efficace, ma le nostre strutture non sono sufficienti ed adeguate», si allarma Carlo Dell’Aringa, sottosegretario al Lavoro. «I Centri per l’impiego sono 500, vi lavorano 7-8 mila operatori. Ma in Francia, Germania, Inghilterra sono 10 volte tanto, da 70 a 100 mila. E i rispettivi governi vi investono 5 miliardi l’anno. Noi 500 milioni. Un gap difficile da colmare in sei mesi».
Il primo ostacolo, dunque, è far funzionare l’esistente. L’idea è quella di una “task force” tra Isfol e Italia Lavoro — supervisionata dalla “cabina di regia” — che, grazie ai 1.400 operatori specializzati, rivitalizzeranno e formeranno il personale dei Centri per l’impiego. I Centri avranno il compito di aprire lo Sportello Giovani nelle Regioni dove i neet sotto i 25 anni superano il 25%: tutte tranne Trentino Alto Adige e Veneto. Qui il giovane, neo diplomato o disoccupato, stipula un “patto di servizio”, viene inserito in una banca dati per incrociare
le offerte delle aziende (che andranno incoraggiate a fidarsi di nuovo del sistema pubblico) e riceve anche una carta con microchip, in cui registrare le ore di formazione, stage, ma anche i denari per “borse di tirocinio”. «Saranno coinvolti anche gli enti privati accreditati, tramite bandi, che ogni anno garantiscono 300-400 mila occupazioni full time», spiega Dell’Aringa. «Ma a patto che vadano a cercare anche i giovani ai margini, con meno chance di occupabilità».
C’è poi un altro nodo da sciogliere: le risorse. Facendo un calcolo grezzo, le famose “48 ore” costano 1.680 euro per ogni ragazzo (se fatte da un ente privato), 1.417 euro (se presso il Centro per l’impiego). Dato che le risorse europee sono pari a 500 milioni l’anno (per 2014 e 2015), questo significa 400 euro per ogni ragazzo under 25. Meno ancora — 225 euro — se includiamo gli under 29. Briciole. Solo per le “48 ore” occorrerebbero dunque 1,6 miliardi in più. Ma poi c’è la borsa di tirocinio da finanziare, eventuali incentivi o bonus alle aziende. La faccenda si complica.
La Repubblica 08.07.13