«Sull’emergenza culturale si gioca la credibilità del governo. I soldi devono arrivare e sono certo che arriveranno». È ottimista Massimo Bray, ministro dei Beni e delle attività Culturali e del Turismo da appena un paio di mesi. «Mi ci devo ancora abituare… ».
Intanto accetta per la prima volta di rispondere alle nostre domande nelle vesti di ministro. Prima di questo incarico, lo avevamo più volte ascoltato come direttore editoriale della Treccani, direttore della rivista Italiani/ Europei e come presidente della Fondazione Notte della Taranta. Pugliese, 54 anni, ora ha una sola e unica missione: salvare la cultura.
Ministro, in questi due mesi l’abbiamo vista girare come una trottola per l’Italia, da Pompei al Maggio fiorentino. Le priorità sono tante… partiamo dal Colosseo, nei giorni scorsi chiuso al pubblico a causa delle proteste di lavoratori e sindacati che chiedono più tutela contrattuale e professionale e soprattutto un progetto di rilancio del settore. C’è il rischio che il Colosseo possa restare ancora una volta chiuso davanti ai turisti?
«Sono intervenuto per sboccare le risorse necessarie per riconoscere il lavoro straordinario fatto in questi mesi, sensibilizzando la ragioneria della Stato. Resta la questione del personale che abbiamo in tutte le strutture dei Beni culturali. Colpisce che questa sia una cosa che sottolinea anche l’Unione Europea per Pompei. Abbiamo stimato che in Italia c’è la necessità di circa 2mila persone. L’ultimo concorso, quello del 2008, prevedeva solo 400 assunzioni, quindi il problema del Colosseo è il problema di Pompei, degli archivi, delle biblioteche… Ancora una volta insisto su un punto: se il governo ha realmente messo la cultura al centro deve trovare assolutamente le risorse per tutelare il patrimonio e consentire di poter assumere quelle professionalità necessarie: archeologi, architetti, bibliotecari, archivisti ecc..».
Ci vorrebbe un bel concorsone…
«Bisognerebbe innanzitutto andare oltre il blocco delle assunzioni e attingere alla lista degli idonei e poi sarebbe necessario poter ripartire con le assunzioni, ma le risorse devono essere rivolte anche alla formazione. Se il patrimonio culturale del Paese merita attenzione allora dobbiamo crederci e investire. Tutelare e valorizzare vuol dire che il futuro del Paese va verso questa direzione. È una scelta politica molto precisa che il governo deve fare».
Ha avuto rassicurazioni da Letta in questo senso?
«Nell’incontro che ho avuto con lui circa una settimana fa, il presidente del Consiglio mi ha assicurato che insieme valuteremo un piano di lavoro sui Beni culturali e insieme vareremo questo piano nella consapevolezza che tutto il governo ha che la cultura è al centro della sua attenzione. Sono sicuro che Letta dedicherà i prossimi giorni a varare un piano per fronteggiare le emergenze. Dal governo mi aspetto tutte le risorse necessarie. Il ministero ha un bilancio che è un terzo rispetto a quello che aveva. Alcuni numeri sono significativi. La riduzione del 58% delle risorse per le cosiddette emergenze è indicativo che qualcosa non funziona. Quando sono arrivato c’erano 8mila bollette non pagate, tutti segnali che indicano che non ci sono i soldi per andare avanti… I soldi devono arrivare, è un problema di credibilità mia e del governo. Se così non è significa che si è persa una sfida».
Nei prossimi giorni ha fissato un incontro con i lavoratori del Colosseo. Cosa vi direte?
«Parlerò del mio impegno ad investire nella cultura e nella turismo come scelta di uno sviluppo differente. Mi piacerebbe tornare a fare sistema in un Paese che ormai non ha più questa capacità. Anzi, lancio un appello: i progetti devono essere progetti in cui crediamo. L’unico modo in cui possiamo dimostrare di saper lavorare in modo differente».
Questo implica anche una riforma del ministero? Ci sta pensando? Nei giorni scorsi ha parlato di una Commissione, come funzionerà?
«Ci sto mettendo tutto l’entusiasmo… Molti scherzano sul fatto che ho perso 4 chili in due mesi, tra un po’ non rimane nulla… Un’idea di trasparenza in tutte le sue parti. Mi piacerebbe farlo insieme a tutte le parti sociali, ai governi locali e penso soprattutto al turismo dove è necessario un dialogo con le Regioni, fare sistema significa avere come obbiettivo promuovere il nostro Paese. Dal Turismo può arrivare la risposta di crescita e di ricchezza per il Paese. Bisognerà fare presto delle scelte, per esempio trovare soluzioni per favorire chi nel turismo crede (per esempio con le agevolazioni fiscali). Per quanto riguarda la Commissione ci saranno tre gruppi di lavoro, uno che riguarderà appunto la riorganizzazione, un secondo che curerà i rapporti tra pubblico e privato, un terzo si occuperà della manutenzione del codice del paesaggio. Dovranno naturalmente lavorare in sinergia». Parliamo di Pompei: secondo l’Unesco il governo italiano ha tempo fino al 31 dicembre 2013 per adottare misure idonee… ce la faremo?
«Pompei è da sempre il mio chiudo fisso. Il simbolo prestigioso del nostro Paese. La mia prima visita da ministro è stata proprio a Pompei. Lì c’è il problema della Circumvesuviana e fa capire che le questioni di Pompei bisogna affrontarle da più punti di vista. Anche lì bisogna fare sistema».
E le basi ci sono?
«Abbiamo una grande sfida da affrontare: entro il 2015 varare tutti i cantieri, certo quello dell’Unesco non è un dictat ma un allarme che prendo in seria considerazione, però due dei primi 5 cantieri sono stati avviati, il terzo partirà presto. Entro 2015 dovremo aprirne 39, il governo è impegnato a vincere questa sfida, Pompei può essere un gioiello assoluto».
Le faccio almeno una domanda su un’altra questione cruciale: le Fondazioni lirico-sinfoniche rischiano di non sopravvivere se non si interviene subito. Come pensa di intervenire?
«Dieci giorni fa, dopo aver fatto una riunione sul Maggio fiorentino, ho chiesto quale era la situazione generale delle fondazioni lirico-sinfoniche e ho trovato una situazione debitoria di oltre 330milioni di euro. Mi sono chiesto: il Paese può permettersi di perdere una parte così importante della nostra cultura? Ecco perché chiedo al governo e agli enti locali di intervenire. Il mio ruolo deve essere quello di essere al loro fianco. Dobbiamo impegnarci tutti per trovare una soluzione».
Cinema e teatro: ripristino del tax credit e legge sullo spettacolo. Sono nel suo calendario?
«Con il cinema italiano riusciamo a mostrare l’identità di un patrimonio culturale. Il ministro Saccomanni ha creato questo primo fondo impegandosi a trovare da qui al 31 dicembre risorse per mantenere vivo un meccanismo capace di aiutare il cinema. Dovremmo anche sottolineare l’importanza di valorizzare il Festival del cinema di Venezia. Tra le priorità c’è naturalmente anche una legge sullo spettacolo. Il teatro è una tradizione del Paese. Bisognerà affrontare anche i tagli dell’Istat che mettono a rischio la vita di teatri come il Piccolo di Milano. Il governo dovrà intervenire anche su questo».
L’Unità 01.07.13