L’ultimo schiaffo ha il volto stupito di quei cinquecento turisti arrivati da tutto il mondo e rimasti per due ore in fila sotto il sole, davanti ai cancelli degli Scavi archeologici rimasti chiusi fino alle 11 per un’assemblea sindacale. «Abbiamo messo Pompei tra i patrimoni dell’umanità e l’umanità deve poterne fruire», scuote il capo Giovanni Puglisi, presidente della commissione nazionale italiana dell’Unesco. Dunque la lenta agonia di Pompei, iniziata una sera di novembre di tre anni fa, con il crollo della Schola Armaturarum, sembra destinata a non finire mai. Un paradosso, per un’area capace di attirare quasi dieci milioni di visitatori in tre anni ma si ritrova, adesso, nel mirino dell’Unesco, preoccupata per lo stato di conservazione del sito vesuviano che rischia l’inserimento nella lista dei “beni in pericolo”. E suonano come una beffa anche le parole dell’imprenditore Pietro Salini, amministratore delegato di Impregilo che, due giorni or sono, ha dichiarato: «Pompei sta crollando, voglio donare 20 milioni in un progetto di rilancio ma non riesco a fare l’operazione». Salini pensa a un investimento culturale sulla falsariga di quello tentato a suo tempo da Della Valle per il Colosseo, impiegando le somme provenienti dai risarcimenti dovuti a Impregilo per gli impianti di rifiuti in Campania. «Soldi veri, non promesse che lasciano il tempo che trovano», sottolinea l’imprenditore. Teresa Cinquantaquattro, da due anni e mezzo soprintendente a Napoli e Pompei però frena: «A noi non risulta alcuna richiesta ufficiale». Anche il sindaco della città, Claudio D’Alessio dice di aver appreso la notizia dai giornali ma aggiunge: «In qualsiasi altro Paese in difficoltà, queste iniziative vengono accolte, non certamente disattese ».
È amareggiata, la soprintendente Cinquantaquattro, perché, sottolinea, «si concentra l’attenzione sui problemi, mai sulle cose positive che, con grande impegno, stiamo portando avanti». In ballo ci sono i 105 milioni di fondi stanziati per il Grande Progetto Pompei. Ma il finanziamento, ricorda Cinquantaquattro, «ha ottenuto l’approvazione solo nel marzo 2012. Da allora abbiamo pubblicato sei bandi, in questi giorni ne partiranno altri sette, in particolare sulla messa in sicurezza di quasi metà dell’area archeologica». Ieri sono partiti i restauri della Casa di Sirico. Dopo i crolli degli anni scorsi, evidenzia la soprintendente, «sono stati effettuati lavori di manutenzione per oltre un milione di euro, intervenendo in oltre 100 punti della città antica. Non è sufficiente, ma è comunque un’opera consistente». Nonostante tutto, Cinquantaquattro è ottimista: «Ci sono tutte le condizioni per voltare pagina», assicura. E l’allarme dell’Unesco, che potrebbe togliere a Pompei lo status di Patrimonio dell’Umanità? «Ha fatto la fotografia di una situazione ampiamente nota. Ma hanno visto anche gli sforzi compiuti».
I sindacati intanto restano in stato di agitazione e da qui all’8 luglio annunciano altre manifestazioni. Attualmente in organico ci sono 138 custodi, distribuiti su 25 turni per i 66 ettari del sito, 44 dei quali aperti al pubblico, e 14 addetti alla telesorveglianza. Al centro della protesta, la richiesta di potenziamento degli organici, il pagamento di circa un milione e mezzo di arretrati e la razionalizzazione degli incassi. «Mi dispiace che si cerchi di far alzare la voce ai turisti per coprire le ragioni del nostro disagio — spiega Antonio Pepe, segretario della Cisl Pompei — ma è proprio grazie ai sacrifici del personale se gli Scavi sono aperti tutto l’anno per 4 mila ore, con 52 giornate di visita in più rispetto a tutti gli altri siti italiani e apertura alle 8.30. Siamo i primi ad aver raccolto la sfida della produttività e ad essere interessati al rilancio dell’area ». Ma la chiusura del sito, obietta il presidente del Consiglio regionale Paolo Romano, «non è la strada giusta».
La Repubblica 29.06.13