"Il paradosso delle nomine", di Massimo Mucchetti
In un Paese normale, consapevole di quello che vuole, non ci sarebbe bisogno di una mozione parlamentare che aiuti il ministero dell’Economia a emanare una direttiva sulle nomine degli amministratori delle società controllate di diritto o di fatto dal Tesoro Ma l’Italia non è un Paese normale. E non lo è perché non vuole sapere quello che le converrebbe volere. Per vent’anni l’Italia ha rinunciato ad avere una politica industriale dichiarabile e dichiarata, preferendo lasciar fare a un mercato mitizzato più che praticato, dove la ricerca dello shareholder value si è accompagnata a sussidi pubblici diversamente giustificati e a rendite para-monopolistiche. Un compromesso all’amatriciana che ha portato al successo personale un certo numero di capi azienda variamente legati tra loro, e con eminenze grigie della politica, grazie anche alle pierre di faccendieri co- me Luigi Bisignani. È questa storia equivoca che, nell’Italia del 2013, genera il bisogno di una procedura straordinaria per riuscire a prendere decisioni ordinarie come nominare persone capaci, di buona reputazione, in ordine con la giustizia, ai vertici di Eni, Enel, Finmeccanica, …