Iva e lavoro. Alla vigilia del vertice europeo Enrico Letta e il suo governo vareranno due importantissimi provvedimenti. Il Consiglio dei ministri è convocato di prima mattina, alle 8,30. L’ordine del giorno, non comunicato in un primo momento, prevede un decreto unico su Iva e Lavoro e anche il decreto sulle carceri (Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena). Per il congelamento di tre mesi dell’innalzamento dell’Iva dal 21 al 22 per cento che scatterebbe il primo luglio serve circa un miliardo. Il governo lo reperirà da anticipi d’imposta. Un meccanismo che consentirà poi di risolvere il problema a settembre, con la Legge di stabilità. Smentita dunque l’ipotesi di un aumento dell’Irpef. La norma è stata chiesta in primis dai commercianti e poi appoggiata dai sindacati e da tutti i partiti della maggioranza. Il Pdl puntava però a risolvere subito anche la questione Imu e ieri sera perfino il ministro Pdl Maurizio Lupi ribadiva: «Noi dobbiamo impedire l’aumento dell’Iva e eliminare l’Imu sulla prima casa, vediamo domani (ogg, ndr) le proposte che Letta ci farà dopo aver cenato con Berlusconi e Alfano». Come dire: vogliamo di più. In Consiglio dei ministri dunque si vedrà se il Pdl alzerà la posta dicendosi non soddisfatto del solo congelamento dell’Iva o se si piegher à ai più miti consigli del Premier che ha promesso di risolvere il problema Iva a settembre e quello dell’Imu entro agosto. Dopo molti tentennamenti e posizioni non convinte, come quel «Non lo prometto» pronunciato dal ministro Flavio Zanonato a Confcommercio che gli costò selve di fischi lo scorso 13 giugno, la certezza della volontà del governo di non aumentare l’Iva è arrivata in serata quando il premier Enrico Letta ha dato parere favorevole ad una risoluzione del leghista Roberto Calderoli, presentata al Senato al termine del dibattito in vista del Consiglio Europeo in cui si chiede al governo di «verificare in sede europea la compatibilità di un intervento di urgenza per la sospensione dell’aumento dell’Iva da adottarsi prima del 1 luglio 2013».
300 MILIONI IN PIÙ PER IL LAVORO Novit à dell’ultim’ora invece per quanto riguarda il pacchetto Lavoro. Ieri il ministro Enrico Giovannini ha lavorato insieme alle Ragioneria dello Stato, alle Regioni e al ministero dell’Economia per riuscire ad aumentare le risorse a disposizione. Il miliardo annunciato dovrebbe aumentare di 300 milioni. Anche in questo caso si tratta comunque di riallocazione di fondi esistenti, nello specifico il Fondo sociale europeo. Con questi 300 milioni si punta ad estendere gli sgravi sia alle regioni del centro-nord sia ad altre categorie, come i precari (verrebbero incentivate fiscalmente le stabilizzazioni) e i lavoratori over 55 (verrebbero ulteriormente aumentati gli sgravi fiscali per le imprese che li riassumono). Per il miliardo già annunciato lo schema invece non cambia. I soldi che verranno da una riprogrammazione dei programmi nazionali cofinanziati dai Fondi strutturali europei 2007-2013, gestiti in sinergia fra Stato e Regioni, saranno utilizzati per la metà (500 milioni) per decontribuzioni per le assunzioni dio giovani tra i 18 e 29 anni nelle regioni del Sud (Sicilia, Calabria, Campania e Puglia) con tetto al momento fissato a 650 euro per lavoratore. Probabile un allargamento della norma anche ai giovani di Abruzzo, Molise, Sardegna e Basilicata, regioni però non coperte totalmente dall’utilizzo dei fondi europei. Gli altri 500 milioni serviranno a finanziare varie norme sull’imprenditoria giovanile: tirocini e stage nelle imprese per giovani laureati e diplomati, rifinanziamento della legge sull’imprenditoria giovanile, finanziamento di start up e cooperative del terzo settore sempre rivolte ai giovani. Un’altra norma potrebbe prevedere il rifinanziamento della Social card. Si passa poi alle norme a costo zero che riguardano tutte le modifiche alla riforma del lavoro firmata Elsa Fornero. I ritocchi «col cacciavite» voluti dal ministro Enrico Giovannini prevedono pause più brevi tra un contratto e l’altro a tempo determinato e la revisione dei servizi per l’impiego. Sui tempi dei contratti attualmente è prevista una sospensione di 60 giorni per un contratto dalla durata inferiore ai sei mesi, mentre la pausa sale a 90 giorni per i contratti che hanno una durata superiore ai sei mesi. L’ipotesi più accreditata è quella di diminuire gli intervalli a 10 e 20 giorni. Usando come giustificazione (realmente un po’ forzata) quella dell’Expo 2015 a Milano, poi il governo a deciso di cancellare la «causale» sui contratti a tempo. Il primo contratto a tempo determinato potrà non prevederla anche se dura 18 mesi, mentre viene prevista anche una estensione della durata massima del rapporto che passa, in via sperimentale fino al 31 dicembre 2015, dagli attuali 36 a 48 mesi. La norma, che viene definita di «flessibilità in entrata», non piace ai sindacati che però non sembrano essere riusciti a modificarla. Cgil, Cisl e Uil puntano però ad usare questo «bonus» a luglio quando Enrico Letta ha promesso che partirà la trattativa sulla riduzione del cuneo fiscale, ribadita come «priorità del governo» anche ieri dal premier in Parlamento.
L’Unità 26.06.13