Giorno: 23 Giugno 2013

"L’Italia non è la Francia", di Carlo Galli

Modificare la Costituzione può significare l’attivazione del potere costituente, che realizza una piena discontinuità sistemica e ordinamentale: è quanto è accaduto, attraverso una guerra civile, nel passaggio dallo Statuto albertino alla Carta repubblicana. Oppure può significare una profonda sostituzione degli assetti materiali della costituzione vigente. Un ri-orientamento di fatto dei poteri sociali verso nuovi rapporti e nuovi valori. È quanto è avvenuto nel travagliato passaggio dal compromesso keynesiano fra capitale e lavoro che reggeva la fase centrale e finale della Prima repubblica alla flessibilità e alla subalternità normativa del lavoro che insieme alla disciplina di bilancio imposta all’Italia dall’interpretazione austera delle regole dell’euro connota la Seconda repubblica. Infine, può significare la riscrittura, secondo le procedure previste, di alcune parti della costituzione, come si è iniziato a fare per un input governativo che avrà il suo esito conclusivo nella discussione e nella decisione parlamentare, in commissione e in aula. Al di là del giudizio che si può dare sull’uso dell’art. 138 per modificare (sia pure senza stravolgerle) le stesse procedure della modifica, è chiaro che le …

"Cnr, i novant’anni della ricerca Il compleanno si festeggia il 25 giugno. Occasione per rilanciare il sapere", di Pietro Greco

Il Consiglio Nazione delle Ricerche (Cnr), che con i suoi 8.000 dipendenti e la sua gamma di attività in tutto lo scibile umano è il massimo ente scientifico del nostro Paese, compie novant’anni. Il compleanno sarà festeggiato il prossimo 25 giugno a Roma, alle ore 11 nell’aula convegni della sede centrale dell’ente alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Non è una festa di compleanno qualsiasi. È piuttosto un’occasione, che non va sprecata, per rilanciare – anzi, per rifondare – la politica di ricerca del nostro Paese sulla base delle due grandi indicazioni che, un secolo fa, mossero il genio di Vito Volterra prima a pensare e poi a creare il Cnr: da un lato progettare l’unico sviluppo possibile per il nostro paese, quello fondato sulla conoscenza; dall’altro fondare questo modello di sviluppo su una struttura di ricerca pubblica dotata di massa critica e dei caratteri di internazionalità, interdisciplinarità e gelosa autonomia. All’inizio del secolo scorso il senatore Vito Volterra è già un ricercatore molto conosciuto per le sue capacità sia nel campo della …

"La vera priorità", di Michele Prospero

Il lavoro è democrazia. Con questo slogan si è svolta la manifestazione unitaria dei sindacati a piazza San Giovanni. È tornata così a parlare, dopo le nefaste consuetudini di divisioni e di accordi imposti con firme separate, quella parte di società che più paga la crisi ed è meno rappresentata. Non c’è nulla di più semplice nella galassia della comunicazione che la rimozione del lavoro, delle sue parole, dei suoi simboli, dei suoi riti. Senza lo spirito di lotta, e quindi senza il ritorno visibile dei sindacati nello spazio pubblico, il lavoro non esce dalla naturale spirale del silenzio. E, nel vuoto della rap- presentanza politica, crescono la rabbia, la sensazione di impotenza nei confronti di un fato inarrestabile. Dopo sei anni ininterrotti di crisi-contrazione e di duri sacrifici che si susseguono senza aprire alcuno spiraglio positivo, è un bel segnale che il lavoro si mobilita. E la recuperata soggettività del lavoro fa molto bene anche alla democrazia perché la rende immune da insane sensazioni di panico e dagli spasmi di decadenza, che sempre accompagnano …

"Che cosa va chiesto a Palazzo Chigi", di Luciano Gallino

Vedere una piazza piena di lavoratori appartenenti alle maggiori confederazioni sindacali che manifestano il loro scontento per lo stato in cui versano l’occupazione e l’economia, mentre i segretari si alternano sul palco per chiedere che il governo assuma finalmente qualche iniziativa seria in tema di politiche del lavoro, è un buon segno per l’intera società – con una nube residua all’orizzonte che speriamo arrivi a dissiparsi. La marcia in ordine sparso dei sindacati italiani, durata un decennio, è costata cara ai lavoratori e all’intera economia. Lo attestano sia i dati sia molte diagnosi sugli effetti della crisi nel nostro Paese. Fra il 1990 e il 2009 la quota salari sul Pil si è ridotta di quasi il 7 per cento in Italia, ma solo del 5 in Germania, del 4 nel Regno Unito, e meno del 3 in Francia. I sette punti in meno andati al lavoro, che in moneta corrente valgono oltre 110 miliardi, sono andati ai profitti e alle rendite. Ma non si sono affatto trasformati in investimenti produttivi. Per quasi tutto il …

"Open data, potere ai cittadini", di Alessandra Longo

Open data significa: ospedali più efficienti, strade più sicure, inquinamento sotto controllo, politica più trasparente. Decine di migliaia di nuovi posti di lavoro grazie alla crescita di servizi e aziende. È un percorso già abbracciato dai principali Paesi al mondo e al quale è chiamata ora anche l’Italia, in forte ritardo. L’ha chiesto la conferenza del G8, questa settimana, sottoscrivendo i cinque principi del l’Open Data Charter (www.gov.uk/government/publications/open-data-charter). L’ha affermato una direttiva europea sull’accesso alle informazioni nel settore pubblico, approvata in questi giorni dal Parlamento Ue. I Paesi membri hanno ora due anni di tempo per rendere disponibili i dati posseduti dalle pubbliche amministrazioni. Per l’Italia sarà un’impresa epica, dati i ritardi strutturali tecnologici che affliggono la nostra Pa. Lo sanno bene all’Agenzia per l’Italia digitale. Questo nuovo ente adesso avrà il compito – tra molte difficoltà – di traghettare l’Italia verso un futuro di trasparenza digitale che per molti Paesi è già presente. Lo dice un rapporto di Open Knowledge Foundation, pubblicato proprio in occasione del G8: «Siamo al settimo posto su otto per …

"Quando Renzi vincerà il gran ballo comincerà", di Eugenio Scalfari

Ci sarebbero oggi molti temi da passare al vaglio; riguardano i mercati, la liquidità, l’accoppiata Iva-Imu, il lavoro, la corruzione. Ma il numero uno dal quale partire riguarda una persona ed un nome. Strano a dirsi: non è Berlusconi, è Matteo Renzi, sindaco di Firenze e probabile candidato alla segreteria del Pd e alla leadership di quel partito. Scioglierà la riserva il primo luglio prossimo ma dall’aria che tira la sua decisione sembra affermativa. E se dirà sì, vincerà perché non ha veri avversari capaci di sbarrargli la strada. Renzi propone un partito con “vocazione maggioritaria”. Queste due parole significano un partito che combatta da solo per un riformismo radicale con forti venature di liberismo, ma attento anche a non perdere voti a sinistra; sensibile quindi ai temi del lavoro, ad un nuovo “welfare”, a incentivi alle imprese, alla diminuzione del cuneo fiscale, ad un ribasso dell’Irpef, al taglio di ogni finanziamento pubblico ai partiti. Cercherà di recuperare voti dal grillismo in decadenza e dagli elettori che hanno abbandonato Berlusconi rifugiandosi nell’astensione ma che non …