attualità, memoria

«Odoardo è per tutti esempio da imitare», di Serena Arbizzi

«Vuole sapere come mi sento adesso, che il nonno sta per diventare Beato? Le rispondo con una sola parola: sono gioioso». È racchiuso in questa frase pronunciata da Luca Semellini, orafo carpigiano che si è occupato della reliquia ufficiale nonché nipote di Odoardo, il significato che la giornata di ieri ha avuto per una famiglia tanto numerosa, quanto simbolica per la città come i Focherini. E c’era tutto il variegato mondo che ruota intorno ai cinque figli e quindici nipoti di Odoardo a rendere onore alla figura del martire. «Essere qui e partecipare alla beatificazione rappresenta un’emozione indescrivibile – aggiunge la nipote Maria Peri, storica e figlia di Paola Focherini – La cosa più bella è guardarsi intorno e vedere così tanti amici. Ci sono i figli dei deportati nei campi di concentramento con le loro famiglie: i Lampronti, di cui sono presenti tre generazioni con Giorgio, il figlio Guido e la nipote Camilla, e i Campagnano. Ci sono gli agenti assicurativi della Cattolica, dove il nonno ha lavorato dieci anni: qui c’è parte del consiglio nazionale. Ci sono i Cavalieri dell’Odine di Malta e dal Santo Sepolcro. Ci sono persone, più in generale, che non hanno dimenticato quanto sia importante quello che ha fatto Odoardo e desiderano ricordarlo». Altrettanto emozionati i cinque figli di Focherini: Gianna, Paola, Carla, Rodolfo e Maddalena, che sedevano nelle prime file con le loro famiglie. «Sono molto contenta di come si sono svolte le celebrazioni – commenta Paola, 69 anni, la più giovane dei sette figli – È stata una cerimonia sobria ma che, contemporaneamente, ha reso giusto tributo al papà, sottolineando tutto quello che di straordinario ha fatto. E quello che non è stato speso nelle celebrazioni, mi è stato donato sotto forma di denaro, da alcune amiche: lo userò per aiutare persone bisognose, con amicizia e per fare veramente fruttare in modo utile quei contributi». Paola, il papà non l’ha mai conosciuto, ma ha potuto rivivere il ricordo di Odoardo tramite la mamma, Maria Marchesi. «Una donna eccezionale legata da un’intesa inossidabile con il babbo. Basti pensare che nei primi giorni del 1944, quando lo statista Alcide De Gasperi chiese a mio padre di entrare in politica, intuendo che di lì a poco il fascismo sarebbe crollato, il papà domandò cosa ne pensasse alla mamma e lei gli rispose di no, perché aveva sette figli e molti impegni. Quando, però, lui le chiese se poteva dare una mano ai suoi amici perseguitati dalle leggi razziali, mia madre gli rispose senza ombra di dubbio: “Certo” e lui agì di conseguenza». Anche i nipoti di Focherini, Odoardo Semellini e Francesco Manicardi avevano il volto velato di emozione. «All’indirizzo del sito dedicato al nonno arrivano mail da tutto il mondo: dall’Ungheria dove esiste un nutrito gruppo di ebrei che ha subito persecuzioni, dalla Germania, ma anche dai posti più lontani, come il Brasile. Oggi, tra l’altro, le comunità ebraiche di Modena e non solo hanno fatto una dichiarazione ufficiale sulla figura di Odoardo, Giusto tra le nazioni – racconta Francesco, 42 anni, dipendente della Cpl, figlio di Gianna, rimasta orfana di padre a soli 4 anni – Penso a mia nonna Maria e ai 45 anni di lutto che ha osservato, fino a quand’è morta, nel maggio 1989. La nonna si recava vestita di nero da via Rovighi, dove abitava con Odoardo, fino alla chiesa del Cristo Crocefisso, quasi a circoscrivere il mondo carpigiano di Focherini. Si ricordavano di lui gli ebrei che sono stati salvati, ma anche un partigiano comunista come Franco Varini che a soli 17 anni ha vissuto il lager con Odoardo che ne aveva 37». Per la Beatificazione è giunto a Carpi anche Georg Gierl, 36 anni, parroco di Flossemburg che ha omaggiato la famiglia di Odoardo di un dipinto che raffigura la speranza ritrovata dopo le atrocità dell’Olocausto. «Non potevo mancare – dice padre Georg, che ha affrontato sette ore di viaggio in auto – anche per noi Odoardo è un simbolo». E, preso da un continuo via vai tra le sedie e il palcoscenico per controllare che tutto filasse liscio, si è notato un altro parente di Odoardo: Gianni Prandi, presidente di Radio Bruno che per la Beatificazione si è occupata di diversi aspetti organizzativi riguardanti palco, luci schermo, audio e moquette. «Mia nonna era sorella del marito di Olga Focherini – spiega Prandi – quando ci è stato chiesto di provvedere all’organizzazione abbiamo risposto: con piacere».

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Il racconto e i ricordi degli scampati alla deportazione
Lampronti: «Ci avvisò dei tedeschi». Varini: «Gli devo tutto»

«Ci ha salvato la vita: è un riconoscimento che ha meritato». «Pesavo 32 chili, e avevo la testa rasata, sfinito, morto, irriconoscibile al momento della liberazione. E mi sono salvato per miracolo, grazie a Odoardo, a Fossoli», ricorda Franco Varini, 86 anni, sopravvissuto al lager di Flossenburg. Per chi è stato salvato da Odoardo, la beatificazione è stata un evento imperdibile per rendere omaggio a «quello che per me è un secondo papà», ha detto un commosso Giorgio Lampronti, che viene da Venezia ed è figlio di Giacomo, giornalista di origini israelite, nascosto a Carpi insieme alla sua famiglia con la quale stava per essere catturato e deportato in campo di sterminio. «Papà fu avvertito da Focherini – continua – e intraprendemmo una pericolosa fuga a piedi attraverso il confine con la Svizzera, portando con noi alcuni oggetti cari, dopo essere sfuggiti alle guardie di frontiera tedesche. Ho incontrato Odoardo a 8 anni e mi è rimasta impressa quella positività con cui ci spronava ad andare avanti. Mio padre ha scritto il libro “Mio fratello Odoardo” in cui ha recepito la grandezza, ma anche la semplicità di questo grande uomo, che ha compiuto gesta eroiche con dolcezza unica». Ieri mattina era presente con la moglie anche Maurizio Campagnano, nato nel 1945, residente a Modena e figlio di un altro salvato da Odoardo.

La Gazzetta di Modena 16.06.13