Con pragmatismo teutonico e l’abitudine alla conquista del traguardo metro per metro, Josefa Idem, campionessa olimpionica ora al governo, nata a Groch, in Germania e da 23 anni in Italia, non è persona che parla a caso, tantomeno dopo il consiglio dei ministri fiume che si è svolto a Palazzo Chigi.
Lei, ministra delle Pari Opportunità con delega allo sport e alle politiche giovanili, sta mettendo in cantiere temi spinosi e importanti, che vanno dall’elaborare una proposta di legge sulle unioni civili all’avvio, martedì prossimo, della «task force» per affrontare il dramma del femminicidio. Quale sarà la formula per regolamentare le unioni civili, le coppie di fatto?
«Io ho detto che i diritti devono essere uguali per tutti e serve una legge, perché la chiedono tanti cittadini. Però non voglio anticipare formule o modelli..».
Tra l’altro sono tutti falliti, in questi anni, i Dico, i Pacs, non si è mai riusciti a trovare un’intesa. Pensa che sia possibile nel governo di larghe intese?
«Per ora il clima è buono, ma non voglio dire nulla, ripeto. Perché un progetto si deve costruire, studiare, conoscere il quadro nella sua totalità, e poi si procede».
Lei pensa anche ai matrimoni gay, magari in un secondo tempo?
«Io penso che serva una legge sulle unioni civili, senza distinzione di sesso, fra persone che si vogliono bene. Non parliamo di matrimoni come siamo abituati a pensarli, ho sempre detto che sono favorevole alle unioni e quindi cerco di raggiungere l’obiettivo. Sono pragmatica».
E sulle adozioni per coppie gay?
«Un passo alla volta».
Come le è sembrato partecipare al Gay Pride di Palermo nei panni di ministra? «Era bellissimo. Ma quello che mi ha stupita è stato l’uso di mezza frase che ho pronunciato. Appena ho detto “andrò al Gay Pride di Palermo” è sembrato un evento straordinario. Io vorrei che queste cose fossero affrontate con naturalezza, dovrebbe essere normale che non esistano discriminazioni, che siano tutelati i diritti Lgbt e di tutte le persone».
Martedì verrà avviata la task force contro la violenza sulle donne. Come funzionerà?
«Martedì avviamo i lavori. Ci sono tanti ministeri coinvolti: il nostro, Interno, Giustizia, Salute, Istruzione, Welfare e non solo. Prima di tutto dobbiamo studiare la situazione, ogni ministero dovrà illustrare ciò che è di sua competenza per avere un quadro unico».
Ma qualche proposta?
«Eh no quasi si arrabbia, la ministra si chiama “task force” proprio perché è tutto da definire insieme, se sapessi prima come muovermi non avrei proposto un lavoro di squadra. Invece dobbiamo metterci insieme, ogni dicastero deve “snocciolare” la questione e poi si vede come affrontarla».
E come Pari Opportunità?
«Noi abbiamo un Osservatorio, anche se dovrebbe essere ampliato, e dobbiamo capire chi causa la violenza, quali storie, perché, se è un problema culturale soprattutto o no. E da lì si possono vedere quali misure sono efficaci, come intervenire anche nella scuola, ma senza stereotipi. Faremo dei gruppi di studio, anche con specialisti, per com-
prendere questo fenomeno insopportabile. L’anno scorso in Italia sono state uccise 120 donne, è allarmante». Nella scorsa legislatura sono state ridotti parecchio i fondi per i centri anti-violenza. Interverrà per ripristinarli?
«I centri anti-violenza sono importantissimi e per farli funzionare servono risorse. In Italia, tra l’altro, sono attivi grazie al volontariato, mentre in altri Paesi sono in capo alle istituzioni, allo Stato».
Comunque chiederà nuovi fondi? Se spetta a lei?
«Certamente si dovranno cercare soldi, risorse da sottrarre ad altri capitoli di spesa per dirottarli sui centri anti violenza. È uno dei punti sul tavolo. Su tutti questi temi, però, si deve cambiare mentalità».
In che senso?
«Oggi possiamo varare una norma che lì per lì ci fa risparmiare soldi, ma poi si scopre che ha un riflesso negativo sull’occupazione, per dire. Invece si deve studiare una questione a 360 gradi per avere un risultato migliore. Per esempio, come mai da noi i centri anti violenza sono affidati al volontariato? Magari sono più efficaci, non so, bisogna paragonarli, e intanto accogliere i loro suggerimenti. C’è chi si chiede, infatti, se è giusto tenere una donna che ha subito violenza nascosta in un luogo segreto e lasciare il marito a casa, oppure se è meglio mandare fuori lui e non estrapolare la donna dal suo ambiente».
Come ha trovato il clima nel Consiglio dei ministri?
«Buono, un clima di collaborazione per trovare soluzioni che migliorino la qualità della vita delle persone. Sarà un lavoro a breve, medio, lungo termine, si vedrà. Certo, è tempo di vacche magre, magrissime, qui al mio ministero, senza portafogli per tutte e tre le deleghe, cerchiamo di cucinare piatti prelibati con due pomodori e una foglia di basilico… Però io sono motivatissima».
In Italia ci sono tante discriminazioni e tanti razzismi. La feriscono le aggressioni alla sua collega Kyenge?
«Il lavoro di Cécile è molto coraggioso. Ha tutta la mia stima, in lei vedo una persona preziosa, nata altrove e orgogliosa di essere italiana. Questo ci accomuna, anch’io sono nata altrove e sono orgogliosa di essere italiana».
L’Unità 16.06.13