Il ministro dei Beni culturali non mostra dubbi e si rifà, per cancellare ogni interpretazione, a quanto da lui affermato a Bruxelles ma anche nelle commissioni cultura di Senato e Camera all’atto della presentazione del suo programma. «L’eccezione culturale è una peculiarità italiana e il governo deve fare tutti gli sforzi perché venga considerata come tale». Non c’è, dunque, per Massimo Bray margine di discussione su un argomento su cui, in questi giorni, si sono spesi con un appello al governo quattro premi Oscar, Benigni, Bertolucci, Tornatore e Salvatores, oltre alla Rai e a Mediaset ed un lungo elenco di artisti. Il ministro ha ribadito la sua posizione proprio mentre a Lussemburgo si svolgeva la riunione dei ministri europei del Com- mercio sul mandato da dare alla Commissione per avviare il negoziato con gli Stati Uniti sull’ accordo di libero scambio. Viene vissuto come positivo su molti argomenti ma che ha provocato timori per quanto riguarda il possibile dominio americano sulle attività culturali ed audiovisive.
La Francia è totalmente contraria ad un’apertura di credito in un settore così importante. E si è detta fin dall’inizio pronta a mettere il veto su un accodo che richiede l’unanimità risvegliando preoccupazioni anche in Grecia, Belgio e Ungheria.
E l’Italia? La posizione del nostro Paese appare chiara, stando alle parole ribadite in più occasioni, ed anche ieri, dal ministro cui non mancherebbe l’appoggio di altri colleghi di governo a cominciare dal ministro Zanonato e quello esplicito di Nichi Vendola.
Il timori di possibili ritorsioni americane in campi come gli appalti pubblici, il trasporto marittimo e aereo, sembrano aver invece invitato ad una maggiore cautela prima di arrivare alla contrapposizione che i francesi sono pronti a portare fino alle conseguenze estreme. Per l’Italia l’identità culturale è un «valore non negoziabile », ma il mandato per l’accordo di libero scambio con gli Usa presentato al Consiglio Ue commercio sembra tutelare «adeguatamente» il settore. È la posizione espressa dal vice ministro allo sviluppo economico Carlo Calenda a margine della riunione dei 27 a Lussemburgo, che ha invitato ad essere «molto cauti» nel caso di un’esclusione a priori del settore audiovisivo in quanto potrebbe mettere a rischio «altri settori industriali italiani» chiave. L’accordo transatlantico per una zona di libero scambio fra Ue e Usa per Calenda è «fondamentale non solo per i nostri rapporti bilaterali, ma per il riequilibrio delle relazioni commerciali e di investimento mondiali», e secondo il governo, in caso di conclusione positiva del negoziato in corso «l’Italia sarebbe il primo beneficiario in Europa, in termini di aumento delle esportazioni».
POSIZIONI DIVERGENTI
Eccolo il problema, su cui è stato esplicito il commissario europeo all’Industria, Antonio Tajani, uomo di punta in Europa del Pdl, partito di governo. «È una grande opportunità, non bisogna averne paura. Firmare un accordo non vuol dire che dobbiamo rinunciare all’identità culturale. Nel mandato che sarà dato alla Commissione, ci sarà una linea rossa da non superare per difendere la posizione culturale dell’Europa». «Mi auguro che davvero le “linee rosse” indicate dalla commissaria Vassiliou e dal governo italiano non siano linee Maginot» ha commentato Silvia Costa, parlamentare europea del Pd, membro della commissione Cultura.
La preoccupazione per gli sviluppi, in negativo, della questione “eccezione culturale” si avvertiva al Quirinale in occasione della presenta zione dei finalisti ai David. Gabriele Salvatores, uno dei firmatari dell’appello al governo, ha sottolineato com «i film, almeno per chi li fa, vanno seguiti come se fossero figli. Se passa l’accordo Ue-Usa saremmo schiacciati da Google ed Apple, saremmo come delle gocce d’acqua in un oceano». Ed an che Giampaolo Letta, Ad di Medusa ha voluto insistere sulla necessità della «battaglia di libertà per escludere l’audiovisivo dai negoziati del Trattato di libero scambio Usa ed Ue. Il settore deve continuare ad essere tutelato nei confronti dell’industria americana e non essere equiparato a qualsiasi altra merce.
L’Unità 15.06.13