Dario Franceschini: sulla targa fuori dalla porta del suo ufficio c’è scritto “ministro dei rapporti con il Parlamento e al coordinamento delle attività di governo”. Ovvero, come traduce lui stesso vista l’attuale maggioranza precaria, «il ministro alle rogne». Stavolta però, nonostante Renzi accusi il governo di “vivacchiare”, Franceschini alza la voce per rivendicare il gol segnato due giorni fa sulle riforme: «È stata una giornata molto importante, purtroppo in parte oscurata dalle distinzioni che ci sono state sulla legge elettorale. Non ci avrebbe scommesso nessuno che, a un mese dalla nascita del governo, fosse possibile definire un percorso certo verso le riforme, con una larghissima maggioranza e la non ostilità delle opposizioni».
Percorso «certo»? Viste le bicamerali del passato, consenta un certo scetticismo…
«Lo scetticismo è fondato. In passato la durezza dello scontro politico e le convenienze reciproche hanno sempre bloccato il percorso delle riforme. Ma stavolta è diverso».
Perché mai?
«Perché gli avversari di sempre oggi collaborano al governo. E questa finestra del governo di servizio può consentire la collaborazione anche sulla definizione delle regole comuni prima di ridiventare avversari».
Attenzione, Renzi dice che il bipolarismo ormai sembra diventato «una parolaccia», non è che vi state innamorando troppo di questa coalizione innaturale? Lo sa che molti sospettano un’operazione neocentrista per fondere le colombe del Pdl con l’ala governativa del Pd?
«Questa collaborazione con il Pdl è possibile proprio perché il sistema bipolare italiano è diventato irreversibile. L’alternanza tra noi e la destra è consolidata e resterà tale al di là delle persone e dei leader che ora guidano i due schieramenti. È così che funzione in tutti i paesi europei, l’alternanza tra progressisti e conservatori è la norma delle democrazie in tutto il mondo. Il resto sono solo nostalgie».
Renzi ha fretta di tornare a votare?
«No, io credo alle parole che dice in pubblico e in privato. E sono le stesse: sostiene il governo e lo stimola, con qualche punzecchiatura, a dare risposte ai problemi per la cui soluzione è nato. E poi Matteo sa bene che le sue carte per la leadership non
sono a scadenza come uno yogurt, per usare le sue parole. Se il governo viene aiutato a lavorare bene: chiunque verrà dopo, vincendo le elezioni, sarà avvantaggiato».
Perché parla di sistema bipolare? Adesso c’è anche Grillo…
«Sì, il sistema ora è tripolare.
Ma penso e spero che l’anomalia del voto ai 5Stelle sia destinata presto a essere riassorbita in un normale schema bipolare europeo».
Come pensate di «riassorbire » i grillini?
«Comprendendo e dando risposta alle ragioni di delusione e di protesta che hanno spinto tanti italiani a votarli. Dobbiamo farlo sia nel Paese sia in Parlamento, confrontandoci sulle proposte dei parlamentari 5stelle, distinguendo questo lavoro dalle urla e dagli insulti di Grillo».
Ieri se l’è presa anche con Rodotà…
«Rodotà è una delle personalità più importanti del nostro paese e della sinistra italiana. Abbiamo fatto una scelta diversa sulla presidenza della Repubblica, ma riconoscergli questo ruolo è incontestabile».
Renzi invece vi accusa di «vivacchiare » e vi sprona a fare subito la legge elettorale.
«Interpreto anche questo come una sollecitazione a fare, del resto il percorso avviato ieri deve portare entro 18 mesi a superare il bicameralismo, a ridurre il numero dei parlamentari, a cambiare la forma di governo e la legge elettorale. Il governo sarà parte attiva di questo processo ma, come Matteo sa bene, si tratta di leggi costituzionali e queste sono in mano alle Camere. E lui lì dentro è ben rappresentato».
Intanto il renziano Giachetti ha provato ad affondarvi riproponendo il Mattarellum. Puntate ancora a una legge di «salvaguardia » che eviti di tornare a votare con il Porcellum?
«Mi sembra intelligente, anche in previsione di una sentenza della Corte costituzionale, lavorare a delle norme che consentano di non tornare a votare con il Porcellum se — tocchiamo ferro — non dovesse arrivare a compimento il percorso delle riforme costituzionali. Ma le posizioni di partenza sono molto lontane, con il Pdl che vuole solo eliminare il premio di maggioranza e il Pd che vuole ritornare al Mattarellum».
E il governo che vuole?
«Ritengo sia corretto lasciare la soluzione di questo problema al confronto parlamentare tra questi due partiti e le altre forze politiche».
Intanto il Pd si è spaccato di nuovo sulla legge elettorale…
«Se un gruppo discute una proposta, vota a grande maggioranza e, in aula, la minoranza si adegua a quanto deciso insieme, non la ritengo una spaccatura. È la democrazia bellezza».
La Repubblica 31.05.13