attualità, memoria

"L’ultimo insulto, quello del Tg2", di Natalia Lombardo

Come è facile scivolare sulla vita di una donna e cucirle addosso il vestito di sempre, col marchio impresso dalla cultura maschile che, come riflesso condizionato, quasi giustifica la violenza sul corpo e nell’anima delle donne. Basta un legame, un «finché», per sottintendere l’eterna e introiettata colpa della donna «bellissima» e pure femminista condannata all’inevitabile quanto orrido stupro. Così, nel giorno in cui la Rai dedica la mattinata contro la violenza sulle donne, con tanto di presidente Tarantola e di spot, grazie all’approvazione in Parlamento della Convenzione di Istanbul, al Tg2 proprio una donna scivola in quella coazione a ripetere che anestetizza la coscienza.

Nel servizio dell’edizione delle 13, Carola Carulli descrive Franca Rame come attrice, indissolubilmente legata a Dario Fo, col quale ha condiviso la vita e «l’utopia sessantottina», tra «satira e controinformazione feroce» (esiste una controinformazione soft?). Certo era «Una donna bellissima, Franca», racconta la giornalista, «amata e odiata. Chi la definiva un’attrice di talento che sapeva mettere in gioco la propria carriera teatrale per un ideale di militanza politica totalizzante» – ma per la coppia Rame-Fo la militanza era sul palcoscenico – e, prosegue Carulli, «chi invece la vedeva coma la pasionaria rossa che approfittava della propria bellezza fisica per imporre attenzione. Finché….». Ecco, il servizio porta inevitabilmente a pensare che l’attrice tanto esibiva tanto la propria bellezza, tanto faceva casino come militante… «finché il 9 marzo del 1973 fu sequestrata e stuprata. Ci vollero 25 anni per scoprire i nomi degli aggressori, ma tutto era caduto in prescrizione». Fantasmi: nel servizio si omette la firma fascista dello stupro e del sequestro di Franca Rame, non si dice che da comunista impegnata politicamente «i fascisti – sobillati da alcuni settori dell’’Arma dei carabinieri che li proteggevano – vollero darle in quel modo una lezione», fa notare il sito Globalist in un tam tam sulla rete. Non una parola, inoltre, sulla sua esperienza come senatrice. Tutte leggerezze, si dirà, così come nei telegiornali, pubblici e privati, ancora si nasconde il femminicidio sotto l’italica definizione di «dramma della gelosia». Del resto lo aveva messo in scena il marito Dario nel Mistero Buffo, mimando la camminata provocante di una donna destinata alla violenza, lei, «se l’è cercata, la donna, mica l’è di legno…».

L’Unità 30.05.13

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